Noi cerchiamo solutori, cioè guaritori di turno che possano risolvere ogni tipo di problematica facendoci saltare il confronto con la storia. Innumerevoli persone di ogni ceto sociale nel tempo della post-modernità, in cui la scienza avrebbe la pretesa di governare l’uomo fino ad avere il potere di riuscire a crearlo, uscendo da ogni logica razionale si affidano a maghi e fattuccheri per ottenere amuleti della fortuna o riuscire ad avere vittoria di fronte agli “avversari”.
L’uomo contemporaneo pare disorientato, si trova a vivere il deserto del vuoto e della noia esistenziale, ormai depauperato del senso dei suoi giorni. La stessa tecnoscienza su cui aveva riposto tutte le aspettative di onnipotenza, di fatto, non appaga e molti si affidano a persone che promettono salvezza consegnandogli ciecamente potere su di sé per avere identità, appartenenza e ruolo sociale, fosse anche attraverso il fare parte di una setta o di una loggia segreta.
Ad amplificare il fenomeno c’è la rinuncia di molti adulti al loro ruolo educativo scivolando in una sorta di buonismo gravemente nocivo per chi, in fase di crescita, abbisogna di confronto per percepirsi e discernere il senso delle cose.
Si pensi che, ad esempio, negli Stati Uniti, società in cui il sacro e il soprannaturale viene aborrito in nome di un pragmatismo eccellente, troviamo un libro di recente pubblicazione A Children’s Book of demons destinato a bambini dai 5 ai 10 anni, che sollecita i piccoli a divertirsi attraverso l’evocazione di demoni utili a trovare rimedi per il vivere quotidiano. Viene propinato, dunque, come testo per il divertimento infatile un manuale per introdursi alla magia nera, uno dei tanti espedienti per ampliare il numero degli adepti. Tutto questo è poco comprensibile per chi si professa “non credente” ma, così, entra a fare parte di una vera e propria religione dell’occulto.
Tanta manipolazione e poca chiarezza ai nostri giorni genera masse di individui sballottati da ogni parte del vento, in balìa del fascinoso guru di turno!
Nella liturgia di questa terza domenica d’Avvento troviamo la figura di Giovanni Battista il quale è additato come profeta, ossia come colui che indica la strada ma che non è la strada da seguire. Lui vive il tempo dell’attesa e per stare in ascolto si ritira nel deserto per tornare all’essenziale, quanti lo seguono decidono di ripartire dal battesimo di conversione. Tale rito nel Giordano comportava il lasciare perdere gli appoggi anestetizzanti propri del quieto vivere, così come le tante vie alternative che vengono ad imbrigliare il cammino dell’uomo.
Nel deserto è necessario rimettersi in cammino in cerca della sorgente, è luogo di transito e necessità di portare con sé solo l’essenziale, è il luogo dell’ascolto in cui è possibile uscire dalla distrazione della vita caotica per riconoscere la visita di Dio.
Giovanni riconoscerà Gesù vedendolo in fila con i peccatori, è l’umiltà di Dio a rivelarsi quale Sua presenza. Il profeta rimane strumento sottolienando che non è lui il messia atteso, non si appropria della missione che gli è stata affidata portando a sé le folle, piuttosto indica in Gesù l’agnello di Dio. Singolare questa attribuzione che fa del pastore l’agnello del gregge, che fa del custode colui che si consegna affidandosi ad altri. La logica di Dio passa per la misericordia, questa è la giustizia che è venuta a portare in mezzo a noi. Non la vendetta dei giustizieri ma il perdono di chi paga per amore della guarigione degli stessi crocifissori.
Poi Giovanni lo ritroveremo in carcere, un altro deserto, e lì da quella condizione di prigionia fa chiedere a Gesù se è davvero Lui il messia liberatore atteso. Nel momento della prova estrema Giovanni rimane in ascolto e chiede. Non ha risposte ma continua a rivolgersi a Dio ed è allora che gli viene rivelata la missione di Gesù: «I ciechi riacquistano la vista, gli zoppi camminano, i lebbrosi sono purificati, i sordi odono, i morti risuscitano, ai poveri è annunciato il Vangelo».
Lui restituisce capacità di lettura e orientamento nel cammino della vita, riconcilia ogni separazione accogliendo i lebbrosi ossia quanti erano al di fuori di ogni relazione sociale, restituisce l’ascolto che nutre della Parola eterna, quella che porta oltre la morte. In ultimo il segno della sua presenza è che i poveri, quanti non hanno diritti o meriti, accolgono la lieta notizia dell’essere figli di Dio.
Ecco, il tempo di Avvento è cammino che restituisce direzione e capacità di ascolto, cioè permette di dare senso alle cose e alla propria missione di vita: tutti depositari del Dono, tutti inviati per una specifica missione. E quello che ad ognuno è dato di fare non può essere sostituito da nessun altro…