Ciascuno risponde ad una chiamata e a nessuno è dato di autodeterminarsi privo dell’ascolto. Lasciarsi condurre è l’arte dell’umile ben diversa da chi si passivizza fino a dipendere da altri o da chi rimane trincerato dietro le proprie opinioni elevate a vere ideologie.
L’umile sa di non potere bastare a se stesso e che la vita abbisogna di ascolto per scoprire quel che siamo e comprendere quale missione abbiamo da vivere.
Rifletto su come in questi giorni le narrazioni del Festival di Sanremo hanno portato molti a schierarsi contro o a favore di performance e canzoni che con il loro linguaggio hanno inteso stabilire un contatto, denunciare un sistema, opporsi a qualcosa o a qualcuno, così come sposare cause e cercare strade umanamente possibili. Mi sorprende, però, leggere tra le righe tanta inimicizia spesso mascherata dalla causa di bene da difendere ma, comprendiamo, la verità privata dell’amore rischia di diventare una terribile arma, così come la risposta alla chiamata, senza l’ascolto, è solo un muoversi attorno a se stessi!
Ben altra è la provocazione che ci viene dalla pagina del Vangelo di oggi, Lc 5, 1 – 11, dove il Maestro invita ad andare “fuori nel profondo” e cioè allontanarsi per andare in profondità.
Abbiamo bisogno di perdere le consuete certezze, distanziarci da schemi prefissati per lasciarci tirare fuori dalle profondità buie della vita. Si intende l’abisso del mare ma anche la profondità esistenziale, area misconosciuta che se priva della Luce finisce con l’atterrire e schiacciare i giorni secondo un meticoloso piano per lenire l’ansia e la paura.
L’invito di Gesù è volto a trovare una nuova dimensione, un nuovo centro di gravità capace di visione inedita dettata dalla fiducia. Pietro risponde “sulla tua parola getterò le reti” e, così, esprime l’unico modo autentico di andare oltre: partendo dall’ascolto. Scopriamo la missione della nostra vita quando accogliamo la Parola che ci viene donata per amore e cioè da chi ci guarda non per vile interesse ma perché desidera il nostro bene. Gesù consegna questo sguardo ai suoi ed è pertanto che la Sua parola diventa generativa, compie novità di vita in chi l’accoglie.
L’invito alla pesca è a tirare fuori dagli abissi della morte le moltitudini e cioè non solo alcuni ma l’umanità che abbisogna di scoprire cos’è la vita. Paradossalmente molti pensano che rimanere immersi è l’unico modo per sopravvivere ma in realtà è l’essere tirati fuori ad offrire la possibilità della vita vera.
Viene richiesto un cambio di prospettiva, non si pesca più di notte come di consueto e malgrado la fatica e la frustrazione per una nottata di lavoro senza nessun risultato, è importante rispondere ad una richiesta che potrebbe sembrare assurda perché priva di senso.
Il risultato non è quantitativo, il numero dei pesci rappresenta la pienezza della bellezza, perché essere ricchi significa avere un cuore pieno e non tanto un prospero conto in banca.
L’essere pescati è come un essere concepiti, è di rinascita che si parla e quindi guarigione dal male. Pietro si riconoscerà peccatore ma questo non è il limite ma l’occasione per riconoscere il dono: anche lui è stato pescato perché, dunque, era nella fragilità e ora è chiamato a fare lo stesso.
Non si tratta di una perfezione pregressa per poi finalmente meritare la chiamata ma della scoperta che Lui ci guarda ugualmente fino a consegnarsi per la guarigione delle nostre ferite e quindi portarci con sé. Gesù condivide la Sua missione con i discepoli e anche loro saranno capaci di donare la vita nuova e, in particolare, si consumeranno fino al martirio per testimoniare cosa significa consumarsi per amore dell’altro.
Ma prima Pietro dovrà accogliere la Parola di Gesù: “Non temere! Da ora pescherai uomini per la vita”. Di fronte alla propria inadeguatezza il Maestro invita a non temere e cioè a rivolgersi verso la Sua misericordia, Lui è il custode, e a quel punto è possibile vivere la propria missione e cioè pescare il prossimo per la vita vera.
Liberare l’umanità dall’inganno del male è il mandato di Gesù e Pietro potrà accogliere questa chiamata quando riconoscerà nel Maestro il Signore e cioè colui che lo salva e guarisce da ogni ferita. Pietro non si scoprirà perfetto ma amato, permetterà che in lui si riveli l’amore di Dio.
L’umile sperimenta l’intimità con Dio, non si appartiene più, cambia prospettiva si apre alla condivisione perchè vive di gratitudine e fiducia, conosce il volto del Padre che si prende cura dei figli.
Isaia riceve la sua chiamata dopo avere colto la propria inadeguatezza, labbra impure sono, è allora che Dio agisce e purifica. Anche Pietro si riconosce peccatore, non sono all’altezza, dirà vattene da me perché sono peccatore. Questo però vale per tutti. Non abbiamo la capacità di reggere la presenza sguardo di Dio. Chi potrebbe?
Ma dall’ascolto bisogna ripartire, e sulla base di quella parola puoi tornare a fare le cose di prima ma in modo del tutto nuovo.
Sulla tua parola gettero le reti. Buttarsi non perché c’è qualcosa da fare ma perché mi fido di Lui. Passare dalle proprie forze al credere nella Sua parola. Dalla propria logica alla Parola di Cristo. Le reti quasi si rompono, il frutto della fede è sempre sovrabbondante e coinvolge altri. riempiono due barche di pesci, oggi si avrà pesce per l’atto di fede di un altro. Ma a quel punto Pietro percepisce la propria miseria, prima si fida e poi ha paura perché torna a volgere lo sguardo verso se stesso.
Dalla Parola di Cristo alla volontà piena. La vita ordinaria viene trasformata in grandezza, in missione, accogliamo la Parola e proviamo ad obbedire alla Parola. Se prima non avesse accolto allora non si sarebbe realizzato nulla. Pietro entra nella gloria per un atto di fiducia.
La missione della chiesa è fondata sull’esperienza dell’amore, e Lc mostra come la vocazione alla salvezza è una uscita da un tempo per entrare nella pienezza del tempo, cambia la percezione di tutto. La pesca, Ez 47 la pesca ha un significato profondo perché è abbondante la pesca dal tempio, ma ora la pesca si è esaurita, questi pescatori non sono riusciti a fare nulla, hanno faticato invano. La barca è vuota. Possiamo immaginare Pt e anche gli altri hni del Vg. Cristo dice di andare più in profondità dove è più scuro, come il mare. Una oscurità che è incontrollabile e fa paura. Pt rischierà di affondare per la paura. Gesù li fa andare in quella zona oscura, in Gv dice di gettare dall’altro lato le reti, è un’esperienza forte, Gesù ha guarito la suocera di Pt e lui si fida. Lui dovrà convincersi come pescatore che Cristo vale. Perciò deve fare qualcosa che va oltre l’arte della pesca, oggi oltre la scienza, e Gesù gli dice non che sarà pescatore ma colui che prenderà vivi, viventi, non pescatore che quello che pesca muore ma quello che sarà pescato inizierà a vivere. L’h pescato vivrà, l’h vive quando viene pescato dall’oscurità. Salvare gli hni non è un’arte di questo mondo, non è secondo la conoscenza di questo mondo, non un mestiere secondo la mentalità di questo mondo. Cristo parla da una barca spostata dalla terra, è un’altra prospettiva, questo mondo pesca per la morte. Cristo interviene sui punti delicati dell’AT dove si vede che non è più in grado di dare la vita. La legge non è in grado di dare la vita. C’è una lettera che uccide. Guarigione
Rifletto oggi su una accentuata polemica frutto della performance di Achille Lauro che conclude la canzone Domenica autobattezzandosi.
Il significato del battesimo sul palco dell’Ariston lo ha spiegato con diversi post su Instagram: “Oggi 61 anni fa nasceva mia madre. Oggi 61 anni dopo le regalo l’apertura del Festival di Sanremo. Ancora oggi guardo questa donna nello stesso modo. Le madri sono esseri divini, ci danno la vita ogni giorno. Oggi, in un nuovo inizio, vi omaggio del mio battesimo. Che dio ci protegga. Hallelujah”. Per Achille Lauro si tratta di un inizio come lui stesso ammette: “Mi sono interrogato sul senso del mio essere del mio essere di passaggio, del mio essere umano. Il palco è lo stesso di sempre. Io, invece, no”.
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È come i cani che si annusano, oh no
Oppure i gatti che girano al porto
Negli occhi è rock ‘n’ roll
Sembra ti tocchino
Oh my God
Città peccaminose
Donne pericolose
L’amore è un’overdose
150 dosi
Oh sì, sì
Fancul0 è Rollin’ Stone
Ah ah ah
È zucchero e lampone
Mi ingoia come un boa
Lei dice “come osi”
Poi mi spoglia
È come un ladro
No
Le tratto bene se no si innamorano ah, ah
Più tardi in camera
Sì poi ti chiamerò
È come fosse domenica
Baby, è ancora presto, presto
È come fosse domenica
Si domani poi vedrò
Come no
È come fosse domenica
Domenica
È come fosse domenica
Domenica
Oh no, no
E se li fisso non rispondono
Esco dal bagno con 3 figli e moglie
E mamma guarda come dondolo
Ho un brutto voto dopo il compito
La sposo? La sposo, come no
Le voglio bene ma mi dò per morto
Ah ah ah
Sta vita è un roller coaster,
Romanzo rosa, no piuttosto un porno
Oh
È come fosse domenica,
Baby è ancora presto, presto
È come fosse domenica
Sì, domani poi vedrò
Come no
È come fosse domenica
Domenica
È come fosse domenica
Domenica
Oh no no
Molte critiche e poca analisi.
Il gesto di aspergere il corpo con acqua di Achille Lauro ha fatto gridare allo scandalo molti: il simbolo del battesimo nel palcoscenico delle canzonette a Sanremo.
Ci fu un tempo remoto nel quale i credenti ignoranti (nel senso che ignoravano il contenuto dei Vangeli al quale era impedito loro l’accesso) erano costretti ad accettare la catechesi e la Parola (spesso in latino) date loro dalla Chiesa cattolica; non comprendevano l’ascolto ma si fidavano perché quei ministri rappresentavano un simbolo del loro credo. Ma ancor prima di tutto questo, i primi fedeli del cristianesimo, anch’essi ignoranti (nel senso che ignoravano i fatti avendo saputo del Cristo per sentito dire), hanno imparato dai simboli a capirci qualcosa del messaggio cristiano (pane – pesci), e i simboli appartenevano a tutti, non erano ad uso esclusivo della chiesa; successivamente le opere pittoriche e i disegni hanno raccontato un cristianesimo senza parola, e i più piccoli tra gli uomini, i vedenti, avendo visto rappresentate pittoricamente le opere cristiane, hanno capito a modo loro, senza parole, il significato della buona novella; e le immagini cristiane erano di tutti e tutti potevano cimentarsi con esse (chi di noi non l’ha fatto nel voler raccontare l’amore disegnando cuoricini?).
Sono passati 2022 anni dalla nascita di Cristo e il mondo di oggi, per quanto a molti non piace, è così come lo vediamo, e ancora oggi si sente la necessità di usare simboli per raccontare il proprio profondo sentire.
Blasfemo è stato quello di Achille Lauro? Personalmente non vi ho visto nulla di offensivo. Il suo gesto finale di aspargersi con l’acqua lo considero come un gesto di rinascita che il cristianesimo ha usato nei millenni attraverso l’acqua per introdurci nella nuova vita.
Il problema di chi critica l’artista in realtà non sta nell’uso di quel simbolo, di cui egli si è appropriato, ma del fatto che lo ha unito al corpo, a se stesso, mostrandosi nudo e libero di fare commistione di linguaggi: parola, simbolo e corpo.
Ma di cosa ci meravigliamo noi cristiani? Non ricordiamo più le critiche che ancora oggi ci fanno fratelli di altra fede quando usiamo il corpo del Cristo sulla croce per annunciare la Parola di Dio?
Quel corpo è pietra di inciampo, uno scandalo per i non cristiani, un uso abominevole di mostrare e adorare il martoriato corpo di un crocifisso.
Io starei attento alla critica senza un’analisi approfondita del carattere degli uomini sempre pronti a giudicare l’altro perché diverso da noi.
Gesù disse ai suoi discepoli che se altri non appartengono a noi ma predicano l’amore, lasciateli stare. Stanno lavorando a modo loro per la vigna del Padre.
Achille Lauro è uno di essi? Io so soltanto che la musica è messaggio: vuol sempre dirci qualcosa, oltre che emozionarci o rallegrarci.
Quest’artista non è certo un santo, lavora con il suo corpo per fare audience, questo si capisce, ma non si può condannarlo per aver usato un simbolo (l’acqua) che tutti noi usiamo sin dal principio della vita per aspergere e purificare il corpo fino alla morte, senza bisogno di interventi sacerdotali.
Lo scandalo forse sta di più, in realtà, in chi si scandalizza.
Gesù, che fece scandalo quando disse mangiate il mio corpo e bevete il mio sangue, oggi farebbe orrore se ci fermassimo alle sole parole e non ne intravedessimo il simbolo attraverso il quale nasce la comunione tra gli uomini (quel corpo spezzato come il pane condiviso per nutrire e dare vita).
Lo scandalo dunque è il corpo che si asperge di acqua?
Credo che sia ora di finirla di esorcizzare il corpo che non ha nulla di scandaloso, benché, sia chiaro, va dato ad esso la dignità che merita.