Sovvertire l’ordine di convenienza è la grande sfida del nostro tempo. Abbiamo appurato come le relazioni umane ed il rapporto con il creato siano stati organizzati secondo criteri di opportunità in base al tornaconto personale e come questo modo di stare nel cammino della vita procuri enormi ingiustizie, prevaricazioni degli uni sugli altri, e a livello globale generi continuo divario e scarto sociale oltreché ferite ambientali!
Umanamente il cambiamento di prospettiva pare impossibile, chi ne fa una questione di principio alla fine rischia di scivolare nella ideologia o, comunque, nella durezza del cuore che condanna e giudica il prossimo. Non potrà esserci autentica fraternità fino a quando non ci si apre alla relazione verticale. È il Cielo che può darci esperienza, e non solo ragioni, di uno sguardo nuovo capace di guarire le ferite del peccato e della miseria umana.
Oggi celebrando la festa liturgica del Battesimo del Signore, siamo chiamati ad entrare in questa visione a partire da una discesa. Sì, il battesimo di Gesù rivela il prosieguo del chinarsi di Dio: dapprima a Nazaret lo abbiamo visto consegnarsi ad una umile ragazza, poi avvolto in fasce in una mangiatoia, successivamente in esilio in Egitto costretto a fuggire perché perseguitato, dopo ancora a Nazaret per condividere il quotidiano da figlio del falegname ed ora nel fiume Giordano. Area di depressione, oltre duecento metri sotto il livello del mare, sembra indicare l’abbassarsi di Dio fino ai meandri dell’esistenza umana per raggiungere ciò che è rabbuiato e lì portare la Parola del Padre che è rivelazione, luce, per tutte le genti.
La pagina è sorprendente, troviamo Gesù in fila con i peccatori e Giovanni rimanere meravigliato perché è lì per preparare la via di accoglienza al Messia, e invece Gesù passa per quella via come ad aprirla Lui stesso. Si tratta di una nuova epifania, Dio sta manifestando la Sua logica e dunque il Suo volto che è dirompente per lo sguardo di questo mondo.
Si avvicina ai peccatori, come se si identificasse con ciascuno, con la fragilità umana e dunque con il peccato e la morte. Entrare nelle acque assume questa profonda solidarietà divina che non è affatto formale perché Lui soffrirà e andrà incontro alla morte vivendo la conseguenza del peccato umano.
Quanti gli staranno attorno, infatti, non lo comprenderanno. I custodi della religione d’Israele lo condanneranno perché reputano blasfemo il volto misericordioso del Padre rivelato dall’agire di Gesù. Loro piuttosto si ergono a detentori della giustizia di Dio e si fanno giusti di fronte al popolo. È quello che accade quando la custodia del dono diventa possesso, e l’individuo si fa forte del potere piuttosto che rimanere a servizio del Cielo.
Gesù entra nelle acque e il Cielo si squarcia, si vede lo Spirito Santo scendere sotto forma di colomba e si ode la voce del Padre che rivela l’identità del Figlio. È l’epifania dell’amore divino che si apre all’essere umano, il Cielo e la terra sono uniti dalla presenza dello Spirito Santo che, in modo inedito dopo l’incarnazione, viene ad abitare in ciascuno quando si accoglie il Figlio.
Giovanni lascia fare, non resiste all’agire di Gesù e quella immersione segna il contaminarsi del Maestro con la storia dell’umanità tutta e, oggi, ci viene annunciato che è la missione consegnata dal Padre perché è grande il desiderio di Dio di rompere ogni ostacolo che si frappone fra Lui e la creatura amata. Il muro del peccato cadrà definitivamente con la crocifissione di Gesù quando perfino il velo del tempio si squarcerà dall’alto in basso, rivelando che il desiderio del Padre è compiuto nel dono della vita del Figlio.
Intendiamo bene, il compimento non è la morte ma l’amore che porta oltre la morte, il perdono che sconfigge la logica di giustizia fondata sulla vendetta e sul merito. Gesù si lascia contagiare ossia viene trattato da peccatore, anche se non porta nel cuore nessuna trama di male, e quindi diventa oggetto di invidia e di odio ma permane radicato nella relazione col Padre che ama e perdona sino alla fine. È questa la postura esistenziale che porta oltre la morte e a ciascuno è dato, attraverso il proprio battesimo, di reggere il viaggio della propria vita su questa immersione totale realizzata dal Signore e che ha come meta il Paradiso.
È per questo che subito dopo il battesimo a ciascun cristiano viene consegnata la veste bianca che rappresenta il dono filiale con cui ci riconosce Dio. I propri giorni andranno consumati secondo questa identità, nell’amore, e non potrà esserci alcuna veste apparente fatta da mani d’uomo, con successi o meriti vari, capace di dare ulteriore valore alla vita: ciascuno vale tanto quanto appare al cospetto di Dio. La morte appartiene al passato e innanzi ci attende la meta, ossia il passaggio al Cielo.