Ogni essere umano costituisce una promessa. Non sappiamo quel che sarà la nostra esistenza ma questa dipenderà dai sogni che coltiviamo e dai luoghi verso cui orienteremo il nostro sguardo.
Una peculiarità della specie umana è quella di guardare con gli occhi del cuore ma è faticoso perseverare in questa facoltà. Gran parte della gente vi rinuncia perchè si sente sopraffatta dalle angustie quotidiane o da ferite disegnate nella propria storia.
Resistere è possibile quando si mantiene la verticalità, la capacità di leggere la storia a partire dalla meta. Senza Cielo è impossibile decifrare il lessico che governa la nostra terra.
I più sono caduti in una comprensione dicotomica della vita, dove le questioni di ogni giorno hanno poco a che fare con la “pace” del Cielo ed è proprio questa visione delle cose a snaturare ogni cosa e ogni possibile lettura di quel che accade.
Il fare scaramantico di altri, affida il vivere ad una sorta di fatalismo che deresponsabilizza l’umanità chiudendo ciascuno in un individualismo autoreferenziale dove il concetto di prossimità è per lo più inesistente o, comunque, legato al mero tornaconto del momento.
Se il nostro tempo manca di visione e attraversa una grave frammentazione è perchè ci stiamo svuotando e alle relazioni si nutre competizione ed inimicizia.
Abbiamo bisogno di sostare e vedere, non lo stare in balìa dell’emozione di un momento ma il lasciare risuonare il senso delle cose. Permettere alla fiducia di sciogliere i legacci della paura, ritrovare l’affidamento nel viaggio che porta ciascuno nella fragile e, al contempo, preziosa esperienza che è la vita.
Ognuno è, in tal senso, come una profezia che si autoavvera cioè diventa quel che attende e spera. Il cristianesimo svela come Dio visita la storia personale di ogni persona, non un’altra storia, magari “migliore”, ma la storia che ciacuno abita con tutto il carico di fatica e concretezzache porta.
Rivolgersi verso la meta, dunque, significa cercare nella luce del Cielo il criterio ermeneutico per leggere i propri giorni e, così, dalla meta che si persegue dipenderà il quotidiano. Senza meta si perde la gratitudine e si nutre recriminazione e ostilità, si procurano fratture e si spegne il desiderio.
Ogni giorno apprendo dalla gente semplice come la storia di chi guarda in Alto procede con stupore e riconoscimento per le piccole cose di ogni momento. Il povero sa contemplare la bellezza di Dio e ha la capacità di condividere quel poco che ha e, da non dimenticare, quel molto che è!
(15.08.2019)