Ciascuno testimonia la meta che persegue e cioè quale desiderio regge la propria vita, per cosa vale la pena spendersi.
Chi si organizza secondo una modalità di preservazione, avendo come criterio di discernimento l’accumulo e la convenienza per sé, nutre avarizia e risentimento difensivo perdendo, così, il gusto dell’amore.
L’avventura della vita, piuttosto, è una chiamata a lasciarsi destabilizzare e a perdere qualcosa per seguire l’orizzonte di riferimento. Senza rischio non ci sarebbe movimento ma questo si verifica quando il rischio è per vivere e cioè per crescere ed aprirsi all’inedito del domani.
Chi sceglie una via di finzione mortifera pensa di rischiare quando invece calcola meticolosamente i suoi passi ed assume una postura diffidente perché, in fondo, si pensa in modo autoreferenziale e non relazionale.
Quello che siamo è frutto di una rapporto di reciprocità in cui la relazione precede l’individuazione e, quindi, ciascuno continua a maturare approfondendo il rapporto con l’altro e la realtà che lo circonda.
Oggi la nostra Comunità di Danisinni celebra la solennità di Sant’Agnese testimone di cosa significhi consumarsi per amore. Agnese, ancora dodicenne, ci rimanda al legame che reggeva la sua vita e che gli permetteva di rimanere orientata nel cammino malgrado le lusinghe e le persecuzioni di questo mondo.
La vita spirituale, infatti, è provata da una duplice tentazione: quella seduttiva che vuole attrarre verso un fascino che fa perdere l’orizzonte di senso fino a sottomettere all’idolo di turno come accade nel caso della corruzione per soldi, per le apparenze o per la smodata ricerca di piacere; oppure quella minacciosa che vorrebbe dirigere verso scelte dettate dalla paura. È quello che compie il sistema mafioso che a principio vorrebbe lusingare con accordi di favore o tangenti e, quando non riesce, inizia le intimidazioni fino alle minacce di morte.
Sant’Agnese non ha ceduto alle proposte lusinghiere dei potenziali mariti e neppure a chi minacciava di toglierle la vita come, di fatto, è accaduto.
Per lei il legame con il Cielo aveva un valore ben più profondo di simili proposte, è questa la testimonianza che ci viene dai martiri, loro ci rivelano per chi vivono e non per cosa muoiono. La loro è una scelta di vita sino alla fine ed è per questo che don Pino Puglisi poté sorridere al suo sicario perché aveva chiaro che niente lo avrebbe separato dall’amore di Cristo.
In questa scelta preferenziale consiste la missione di ciascuno. Il dono di sé è frutto dell’accoglienza dell’amore, se non ci si lascia amare da Dio le opere rischiano di risultare vuote perché proprie e, quindi, per autocompiacimento.
Il Maestro chiama come rivela il Vangelo di oggi e invita a lasciare tutto per seguire. Per camminare la fiducia nel Cielo deve essere piena, le ancore di salvezza altrimenti si rivelano delle zavorre che incatenano impedendo il viaggio. Eppure Gesù dice loro che li avrebbe resi pescatori di uomini e in questo c’è un risignificare la loro vita: mentre prima pescavano per nutrire se stessi ora sono invitati a pescare per salvare e cioè generare alla vita altri.
A Danisinni oggi viene accolto un simulacro ligneo di Sant’Agnese che viene donato dalla Parrocchia di San Gaetano a Brancaccio. Dalla Comunità che fu guidata da don Pino Puglisi ci giunge un dono che siamo chiamati a custodire e meditare.
La storia dei santi e delle Comunità si intreccia perché la loro vita è dono per rendere feconda la Chiesa. La loro testimonianza è ammirabile ma non imitabile in quanto a ciascuno è dato di rispondere in modo unico e originale alla chiamata di Dio.
L’unicità emerge quando si risponde alla propria vocazione e, ancora una volta, la vita spirituale ci ricorda che nessuno vive per se stesso ma esistiamo per condividere la bellezza della vita che si orienta al Cielo. Solo nel dono di sé si esprime la vera bellezza!