Paradossale è constatare che l’umanità del nostro tempo piuttosto si trovi sempre più schiacciata all’interno di dinamiche di dipendenza o a soffrire disturbi dell’umore fino all’isolamento depressivo. Dove è finito l’ideale di emancipazione e libertà promesso dalle prospettive di fuga che vorrebbero fondare l’esistenza sulla frammentazione dei legami e la ricerca spasmodica di successo?
È venuta meno la continuità storica dell’individuo, a ciascuno è dato di essere “uno, nessuno e centomila” finendo, dunque, con lo smarrirsi. E non si tratta dell’inquietudine pirandelliana che fa dell’esistenza una continua ricerca a motivo del continuo cambiamento della realtà, ma della liquefazione dell’identità propria dell’uomo contemporaneo che, mancando di ideali e valori su cui poggiare la vita, più non si trova.
Riconosciamo che la fedeltà al quotidiano ha un prezzo, una rinuncia a tanti mondi possibili per seguire una strada e custodirla fino in fondo. Ad esempio la decisione di Carola Rackete, la capitana della Sea Watch 3 che la scorsa notte ha infranto i dinieghi per attraccare a Lampedusa e mettere in salvo i 40 profughi che aveva a bordo, mostra come la fedeltà al quotidiano comporti un prezzo da pagare in prima persona. Lei attualmente è in stato di arresto perchè non ha accettato di rimanere indifferente stando a lavorare nel suo Paese nel mentre che il Mediterraneo diveniva un cimitero a cielo aperto. Rimanere nel quotidiano, dunque, significa rimanere fedeli alla propria vocazione senza sottrarsi per convenienza. Ci sono tanti eroi del quotidiano che nel nascondimento portano avanti la loro chiamata, seppur provati, senza tirarsi indietro.
La pagina del Vangelo (Lc 9, 51-62) di oggi ci rivela come la vocazione cristiana si fondi su questa radicalità: la sequela di Gesù rinunciando ad ogni compromesso.
Troviamo il Maestro che decisamente si rivolge verso Gerusalemme, lì dove sarà innalzato. Ciò significa che proprio nella Città verso cui sta andando, lì sarà crocifisso per poi risorgere. Il passaggio verso l’Alto attraversa la crocifissione ed è significativo questo accostamento perchè altrimenti si potrebbe avere una visione distorta della fede, magari una prospettiva euforica priva di contatto con la realtà.
La fede è risposta alla sequela che Gesù propone all’umanità di ogni tempo. Nel mentre del cammino troviamo che Lui e i suoi discepoli non trovano accoglienza proprio perchè rimane ancorato alla missione che il Padre gli ha affidato. È scandalosa la posizione di chi non lambisce inimicizie e, di conseguenza, amicizie “interessate”. La posizione di chi mangia con i peccatori e soccorre chi è nel bisogno trasgredendo la Legge sabatica.
Qualcuno vorrebbe seguirlo come se fosse una comoda passeggiata magari appoggiandosi su garanzie e criteri di convenienza! La libertà evangelica è altra cosa, è un andare oltre fidandosi della relazione con il Maestro.
Il cristianesimo non è questione di “comprensione”, non si tratta di una dottrina da imparare per poi convincersi se ne vale la pena. Tale atteggiamento è proprio dell’individuo calcolatore ma che non lascia spazio alla vita spirituale. Questa ha, certo, un suo convincimento ma che scaturisce dall’amore, dallo scoprire il volto di Dio che ama ogni creatura.
È la gratitudine a muovere la vita cristiana ed è perciò che la mensa eucaristica diventa il luogo della Rivelazione, lì si partecipa all’offerta che Gesù fa di sé al Padre. Per parteciparvi non si può rimanere spettatori ma è necessario offrire qualcosa di sé: il proprio egocentrismo!
Nella prima lettura (1Re 19, 19-21) troviamo Eliseo che per seguire il suo maestro Elia offre i possessi di un tempo e ne fa condivisione con i più poveri. Il criterio della sequela è la condivisione e, in primo luogo, non di cose ma di sé. Il punto di attenzione, inoltre, non sono gli impedimenti ma la meta che si persegue. Altrimenti, se uno guarda quel che manca o quel che ancora ha da fare, rimane a cercare uno stato di perfezione per poi mettersi in cammino perchè ormai si ritiene “un giusto”. È proprio la logica a cui si oppone Gesù ed è perciò che dirà: “pubblicani e prostitute vi passano avanti nel Regno di Dio”!
Una grande testimone dell’Amore, Edith Stein, nel secolo scorso affermava: “Non accettate nulla come verità che sia privo di amore. E non accettate nulla come amore che sia privo di verità! L’uno senza l’altra diventa una menzogna distruttiva… Chi ama davvero non si arresta di fronte alla prospettiva della sofferenza: accetta la comunione nel dolore con la persona amata”.
È quel che comunica Gesù a quanti lo incontrano, l’orizzonte non è il costruirsi un “posto fisso” in questa vita ma l’essere in cammino verso il Cielo. L’esistenza è precaria ma l’amore ne fa una esperienza eterna ed è perciò che il dolore approfondisce l’amore, quando si è rivolti verso la Meta che ci attende.