Non è scontato sapere leggere la propria storia o trovare una postura esistenziale capace di dare valore alla vita. Adottare un criterio sbagliato porta a non trovare pace e la felicità, così facendo, rimane una mera illusione. Molti, infatti, procedono affacciandosi al quotidiano per mezzo di una lente buia e colma di pregiudizi, avendo come criterio la propria sensibilità ferita.
Spesso si ha un gusto alterato perché si rimane ripiegati su se stessi leggendo gli accadimenti in base al proprio malessere e, ci rendiamo conto, in questo modo è possibile boicottare un’intera esistenza. Fino a quando non ci si apre ad una lettura che parte dalla relazione con il Cielo il tempo rimarrà un’occasione sciupata, perché vede solo chi smette di fare della storia il frutto della propria opera.
La complessità dei nostri giorni abbisogna di ulteriore discernimento in quanto, molti, si propongono come guru capaci di sanare ogni male offrendo percorsi che vanno dalla bioenergetica alla meditazione intensiva, fino ad arrivare all’astrologia o alle pratiche esoteriche. Tutto questo ha l’effetto di spersonalizzare generando automi dipendenti o un individualismo non curante del prossimo.
Emerge una continua frenesia volta a realizzare opere prive di visione e di reale riscatto per l’umano. I progetti, per tale motivo, rimangono finalizzati a dimostrare la propria grandezza cercando il plauso dei consensi ma, di fatto, non ingenerano reali processi di cambiamento.
Sappiamo, piuttosto, che i processi umani sono evolutivi se non rimangono opera della volontà individuale o dello sforzo di pochi, ma si aprono alla comunione e cioè alla inclusione e alla non appropriazione, condizione necessaria per uscire dal calcolo autoreferenziale.
La visione, dunque, favorisce la direzione ma i frutti che ne seguono non sono mai calcolabili e la storia dipenderà dalla partecipazione di innumerevoli fattori e, tra questi, dallo spazio dato all’azione dello Spirito Santo.
Oggi la festa di Pentecoste ci riporta a questa esperienza che rivela l’abitare di Dio nel tempo: non più uno spazio esclusivo perché deputato al sacro ma la storia personale che viene inabitata dallo Spirito divino.
Il tempo della vita di ciascuno diventa, allora, l’opportunità per testimoniare la presenza di Dio che non rimane più relegato ad azioni o spazi cultuali ma si rivela nella quotidianità umana.
Tutto, dunque, può essere santificato e il lavoro e le traversie che si affrontano possono essere risignificate secondo la luce del Cielo. Il Cristo che dona lo Spirito Santo è lo stesso che porta le ferite della crocifissione, luogo esemplare di ogni fragilità umana. Il Maestro, allora, mostra come ogni cosa può essere riletta e tutto può essere abitato dall’amore pasquale se si rimane discepoli!
Cambia il criterio della battaglia e il viaggio personale non è più inteso come un rivendicare diritti o dimostrare la bontà della propria scelta per affermarsi sull’altro. Il dono dello Spirito Santo, dunque, riporta all’essenziale e quello che rimane invisibile a molti, piuttosto, diventa il centro di tutto.
Mi ha sempre sorpreso constatare che nel momento della sfida massima, quando era minacciato di morte, don Giuseppe Puglisi abbia risposto con un sorriso guardando negli occhi Gaspare Spatuzza, uno dei più sanguinari sicari della mafia.
Don Pino ha mantenuto la comunione e non ha nutrito inimicizia. La relazione d’amore con Dio e con il prossimo non gli è stata strappata a motivo della aggressione, ma lui ha testimoniato che nessuno poteva cambiare la sua visione di vita. Oggi Spatuzza racconta di essersi convertito e di avere scoperto il volto di Dio.
Questo è possibile quando ci si scopre profondamente amati dal Signore, quando la propria storia appare intrisa della Sua presenza ed è allora che l’espressione dei propri giorni diventa motivo di gratitudine per la comunione con il Cielo che continua ad abitare in mezzo a noi.