Quanta sorprendente notizia desta, per gli spettatori del consumo, la mamma di Fostine Desalu, velocista italiano medaglia d’oro nella staffetta, che ha rifiutato la diretta tv perché ha da fare la badante e, così, rimanere nella sua ordinarietà. Lei, insieme al figlio, testimoniano una visione del quotidiano che si sta smarrendo, infatti è diffusa la convinzione che la vita ha senso per i momenti apicali piuttosto che per i passi di ogni giorno i quali, invece, hanno il potere di costruire storia, cammini e legami duraturi nel tempo.
Questa percezione ha ridotto l’umano alle performance dimostrate e ha schiacciato il valore dei giorni su un piano d’immagine non tenendo conto che la verità della storia sta oltre le apparenze e, piuttosto, nel contenuto simbolico che le azioni racchiudono.
Noi non siamo le parole che narriamo ma i racconti si rivelano comprensibili quando esprimono l’esistenza di una persona nella sua interezza e complessità. Eppure cerchiamo narrazioni lineari, storie di vita idealizzabili e funzionali ad autorizzare ciascuno a fuggire dal limite del proprio quotidiano.
Anche parecchie scelte politiche assumono questa visione, pensiamo tra tutte al reddito di cittadinanza che ha privato una moltitudine di persone della fatica del guadagno e cioè di quell’esperienza che dà gusto al cibo che si condivide a mensa perché frutto dell’impegno mantenuto per amore dei propri cari. O, ancora, la dignità di un lavoro è ben altra cosa rispetto ai facili guadagni di chi si dedica al malaffare per, poi, ostentare beni di lusso.
Rischiamo di perdere il tratto umano che dà senso alle cose e ciò perché l’economia o la tecnica oggi diventano il criterio di valore delle scelte. Anche la verità è stata ridotta ad piano di mera dimostrazione scientifica e tutto viene rinchiuso in un quadro causale come se gli accadimenti umani potessero equivalere alla programmazione di un automa.
Secondo questi criteri ciò che non è spiegabile razionalmente viene escluso dal bene comune, così come ciò che non è produttivo viene scartato come irrilevante. La religione viene relegata a roba d’altri tempi e la gratuità viene ritenuta al pari di un comportamento disadattivo e quando è motivata dalla fede assume l’etichetta equiparabile al delirio mistico!
Ma come sarebbe possibile tradurre in termini lineari l’amore? Esso non è il frutto di un calcolo di ciò che se ne può ricevere in cambio. Il dono perderebbe valore se non fosse attraversato dalla gioia per il bene altrui e se pensiamo ai tanti martiri che hanno speso la loro vita fino a morire per una giusta causa nella nostra terra di Sicilia, mai la retribuzione per il loro lavoro avrebbe potuto dare un prezzo al rischio che essi affrontavano.
Eppure assistiamo ad una spettacolarizzazione del bene e questo ne tradisce la verità. Il bene, infatti, o è quotidiano o non è, o è un consumarsi nel poco di ogni giorno per amore, oppure è un’etichetta legata alla strumentalizzazione del momento che dura il tempo di una moda. Abbiamo bisogno di recuperare la capacità simbolica che va oltre le apparenze del segno cogliendone il significato profondo.
I contemporanei di Gesù, ricordiamo, mostravano una considerevole resistenza alle sue parole perché credevano di conoscerlo bene in quanto affermavano: “ è il figlio di Giuseppe, conosciamo sua madre, è il figlio del falegname”. Impossibile, per loro, coniugare questa apparenza e dunque pretesa di conoscenza e controllo altrui, con la rivelazione di essere “il pane disceso dal Cielo”. Gesù chiederà ai discepoli di mangiare la sua carne ossia di accogliere la sua vita fatta di un ordinario consumarsi per amore del prossimo senza misura.
Sarà la Pasqua, ossia il dono totale della Sua vita, a permettere loro di andare oltre. Pietro sarà capace di riporre la sua spada, strumento con il quale pretendeva di superare il limite del male, perché vedrà che l’amore del Maestro è andato oltre il suo tradimento e, piuttosto, è rimasto fedele aldilà di tutto. La forza dell’amore è quella che convince che può esserci un modo differente di stare nelle questioni della vita ed è questa storia che ci rivela la signora Veronica mamma di Fausto, prima che di un campione.