A fronte della logica dell’esclusione e del difendere il proprio per sopravvivere, oggi la Parola della liturgia ci mostra una prospettiva inversa, quella dell’accoglienza per restare fecondi! – di fra Mauro Billetta
Tutto il Vangelo è connotato da una rivelazione a cui segue rifiuto o accoglienza. Chi rivela, cioè Gesù, proprio per quel che dice e mostra è additato come straniero e così anche la sua Parola e il suo agire. Infatti si oppongono dicendo “non è forse il figlio del falegname?”, “chi è costui”, “da dove gli viene questa parola”, “non conosciamo i suoi parenti”, c’è la pretesa di circoscrivere l’evento Gesù ma di fatto Lui sfugge ad ogni comprensione, almeno fino a quando non si riconosce che viene dal Padre, dall’alto.
Il profeta Michea (5, 1-4) parla di un umile villaggio, Betlemme, da dove verrà fuori il Salvatore. È una profezia che scardina ogni previsione possibile, ed è proprio dell’agire di Dio: Lui compare dove non lo si aspetta.
L’antifona d’ingresso con la parole di Isaia (45, 8) mostra come è possibile che ciò accada. Lui parla della rugiada che viene dal Cielo e cioè della giustizia e della misericordia che verranno a far germogliare la terra. È necessaria una prospettiva dall’alto per cogliere come quel che fino a poco prima era arido e pertanto senza vita, ora torni ad essere fecondo.
È di questo cambiamento che abbisogna il nostro tempo, siamo saturi delle logiche d’ingiustizia e di esclusione che vengono a rendere sterile la nostra società. Stanchi di una politica che vorrebbe propinarci la disuguaglianza sociale quale “sicurezza” per il nostro Paese.
I protagonisti del Vangelo si muovono percorrendo logiche ben differenti, si sono lasciati interpellare dall’alto e in prima persona si sono mossi per realizzare il cambiamento. Anche l’Israele del tempo si era sclerotizzato secondo una serie di precetti che ergevano a sistema le ingiustizie e le disuguaglianze sociali.
Maria accoglie un annuncio che le scompagina la vita, cambiano i piani e lei si mette in cammino, “in fretta” ci dice la pagina del Vangelo (Lc 1, 39-45) di oggi, per condividere con la parente Elisabetta. È l’esistenza di chi ha fatto spazio dentro di sé e non si è chiuso dentro i meandri delle proprie prospettive, a quel punto la vita diventa missione da condividere, sarebbe mortifero il vivere per se stessi.
È commovente l’incontro tra queste due donne, entrambe hanno sperimentato il libero agire di Dio che le ha rese feconde, l’una che era vergine e l’altra sterile, per custodire vita. Ogni paternità e maternità è custodia e non possesso di una creatura e questa esperienza immette in una missione particolare in cui giorno per giorno ciascuno scopre come custodire e prendersi cura della vita che gli è affidata.
L’incontro e la condivisione tra le due diventa un esultare nel profondo insieme alle creature che portano in grembo, è manifesta l’opera di Dio che in ogni caso porta gioia anche se la missione avrà un prezzo e per entrambi i nascituri porterà fino al martirio.
Se oggi troviamo un’umanità che coltiva passioni tristi è perchè si è persa la logica del dono e questa è sempre frutto dell’accoglienza e del sentirsi grati per quel che si è e che, pertanto, si è ricevuto. L’uomo contemporaneo ha fatto dell’accoglienza una questione ideologica, ma sappiamo bene che l’accoglienza è questione di umanità.
Tornando alla pagina evangelica troveremo Maria e Giuseppe nuovamente in viaggio a motivo di un editto imperiale e loro saranno costretti ad andare a Betlemme malgrado la condizione fisica di Maria. Il parto avverrà in una condizione di estrema precarietà perchè “non c’era posto per loro”, ma proprio in quell’esprerienza di accoglienza semplice e povera si rivelerà il mistero di Dio. I semplici, quanti sono rimasti in attesa senza trincerarsi dentro le loro certezze, lo riconosceranno e avranno la gioia di accoglierlo.
La nostra Comunità celebrerà l’Evento natalizio domani notte e, a naturale prosieguo della liturgia, domenica 30 dicembre rivivrà la Rappresentazione scenica della Natività in fattoria avendo come attori protagonisti la gente di Danisinni. Entriamo nel Mistero del Natale.