Quando si giocava a nascondino si poteva assumere una parte straordinaria, eloquente nel raccontare le possibilità della vita: si poteva donare la libertà con il “battipanni liberi tutti”.
Quel gesto è metafora del dono per il quale siamo fatti, anzi potremmo dire che tutti siamo dono. A ciascuno accade di esistere e l’esserci non è il frutto di un calcolo per quanto una coppia pretenda di stabilire la nascita di un figlio.
Se ciascuno è dono allora l’esistenza non ci appartiene, non è tale perchè acquistata ma solo perchè gratuita. Questa consapevolezza ci fa attraversare l’avventura della vita “da poveri” e cioè grati per quel che ci è dato ogni giorno e generosi, dunque, di fronte ai bisogni altrui.
L’indifferenza, invece, è frutto dell’attaccamento al “proprio” e cioè frutto dell’illusione propinata ai nostri giorni: sei quel che hai! Questa massima è da temere perchè quando diventa sistema sociale la comunità umana perde i principi di solidarietà e di interdipendenza che la reggono e quindi diventa disumana.
Siamo gli uni responsabili degli altri, si pensi all’inquinamento a cui ciascuno contribuisce o meno in base a scelte di “comodità”, o alle prassi di legalità che permettono di rispettare i diritti di tutti o, ancora, al consumo etico che promuove le aziende a misura di persona. Acquistare prodotti di una impresa che investe nella produzione di missili, ad esempio, equivale a contribuire al dramma delle guerre, così come propendere per merci a basso costo senza tenere conto della filiera che sta dietro significa sostenere lo sfruttamento dei minori in molti paesi in via di sviluppo.
Il pensarsi totalmente autonomi e autoreferenziali porta alla mancanza di empatia e ad assumere un ruolo di superiorità nei confronti del prossimo. È così che una coppia perde l’intimità, si sfaldano le amicizie o un posto di lavoro diventa uno spazio gelido da cui si desidera fuggire.
La festa del Battesimo di Gesù che celebriamo oggi racchiude la possibilità data ad ognuno di lasciarsi rigenerare. Così come la vita ci è donata, la rinascita spirituale è frutto del dono di Dio che mantiene il desiderio di amare la creatura non lasciandosi fermare dal peccato personale o comunitario. Lui, piuttosto, scende nel dramma esistenziale dell’umanità rabbuiata per strapparla dalle tenebre.
C’è un particolare nell’agire di Dio: Lui non rimane distante come a dare criteri di giustizia dall’alto così come potrebbe fare un giudice che chiede di uniformarsi alla legge. Lo troviamo, invece, in fila con i peccatori: a Lui interessa la “filiera” e nessuno è scartato!
L’abbassarsi fino ad immergersi nelle acque del Giordano, dunque, non esprime una condivisione meramente formale ma un entrare nelle vite di ciascuno. Non si tratta solo una questione sociale, e cioè inerente ai mali che affliggono questo mondo, che Gesù affronta tracciando una ideale linea di solidarietà fino a consumarsi per amore. Ma è, ancor prima, una questione profondamente interiore perchè Gesù entra in profonda comunione con l’umanità ferita dal peccato, ossia dalla lontananza dal Padre, per riconciliarla attraverso la prossimità d’amore.
Il battesimo cristiano scaturisce dalla Pasqua e, dunque, dall’offerta che Cristo fa di sé. Ma anche in questo caso viene richiesta l’uscita dalla logica di potere ed apparenza rinunciando al male e aderendo al bene rivelato da Gesù. Prima che un cambiamento etico è esperienza di profonda comunione con il Padre, è trasformazione interiore che determina scelte di vita corrispondenti.
È quel che accadde a san Bernardo da Corleone, frate cappuccino nato nel 1605 di cui oggi facciamo memoria. La storia di un uomo che si caratterizzava perchè abile spadaccino e che viene stravolta quando ferisce quasi mortalmente un rivale che lo aveva sfidato.
Proprio quando ebbe a comprendere che aveva avuto la pretesa di strappare la vita all’avversario, Bernardo entra in crisi e lascia la spada. Abbandona le armi di questo mondo per indossare l’armatura della fede e di lì a poco entra nel convento dei Cappuccini.
L’esperienza di forza diventa esperienza di profonda debolezza, Bernardo si vergogna di quell’apparenza su cui aveva costruito la statura della sua vita. Si apre allo sguardo di Dio e, pertanto, si mostra fragile e bisognoso della sua presenza. Nella vita spirituale la vergogna non porta al senso di colpa per poi piangersi addosso ma al pentimento che apre alla relazione con il Padre che è nei cieli.
Nel battesimo si entra nudi perchè è Dio a dare la veste nuova, ci si immerge nei meandri della vita fidandosi della promessa del Signore e non ci si immerge mai da soli ma dopo avere professato la propria fede nel Risorto. Bernardo si spoglierà di tutto e scoprirà la dolcezza dell’amore che Dio ha per lui e per l’umanità intera. Non si nasconde più dietro la spada Bernardo, ormai è uomo reso libero.