Pace e bene cari Amici, condividiamo con tutti voi la visione che orienta il percorso comunitario di Danisinni. Un processo di rigenerazione e di riscatto umano e sociale che abbiamo avviato insieme a tanti fratelli e, tra questi, ricordiamo il caro Leonida Bombace fonte d’ispirazione di visioni che oggi iniziano a diventare storia quotidiana.

Siamo tutti viaggiatori in questo mondo: la postura

Siamo tutti precari in questa vita e non è possibile fermarsi al presente, magari cercando garanzie per non rischiare l’avventura dei giorni, ma abbiamo solo l’opportunità di assumerci la responsabilità del viaggio. Camminare equivale a perdere l’equilibrio precedentemente trovato e chi continua a stare nel quotidiano rivolto con nostalgia al passato, rischia di spegnere ogni desiderio privandosi del futuro. Il viaggio è la metafora propria della vita, siamo tutti migranti alla ricerca della meta ma, per raggiungerla, è necessario volgersi verso una direzione e fidarsi. La partenza, in realtà, è possibile solo se si preserva il valore relazionale che si fonda sulla fiducia nella gratuità, altrimenti il calcolo quantitativo verrebbe ad imbrigliare le scelte subordinandole a criteri di “convenienza”.   Il viaggio principale, dunque, è l’itinerario che va da se stessi all’altro e fino a quando si rimane centrati su se stessi l’esistenza perde di colore e finisce col ridursi ad un continuo avvitamento attorno al proprio ego, fino a spegnersi. Riconosciamo, eppure, che buona parte delle spinte culturali contemporanee sollecitano quest’ultima direzione offrendo, quale garanzia del vivere, solo un’apparente apertura all’altro. La proposta, assai diffusa, è quella di evolversi senza perdere l’equilibrio, gioire senza donare, relazionarsi senza mai chiedere aiuto, vivere senza consumarsi e, secondo questa prospettiva, l’autosufficienza sarebbe il criterio per preservarsi! La storia personale priva della dimensione relazionale, in questo modo, si trasforma in una robotica performance carente di emozioni e la ricerca di appagamento finisce con l’alimentare avarizia ed invidia nei confronti del rivale di turno. La Comunità di Danisinni ha reagito a questa logica imperante, sapendo che solo spostando il baricentro da se stessi all’altro è possibile trovare nutrimento pieno. Mentre l’individualismo spegne il gusto isolando dal contesto, lo spendersi per il bene comune, procurando felicità condivisa, è già fonte di gioia per il proprio esserci insieme agli altri. Altrimenti si perderebbe la visione d’insieme come quando il proprio benessere provoca inquinamento ferendo l’intero pianeta. Le ricadute comunitarie delle scelte personali, per la Comunità, costituiscono un criterio necessario per discernere ciò che davvero ha valore per la propria realizzazione. La crisi ambientale, che in primo luogo è crisi dell’umano, rivela che si è persa la direzione e le conseguenze sono dettate dal surriscaldamento e dalla sempre maggiore desertificazione, dalle guerre e dal divario crescente tra ricchi e poveri.  Se per ipotesi i mercati finanziari dessero spazio all’economia solidale aprendosi al valore relazionale, gli oligarchi perderebbero il monopolio delle ricchezze e si ridurrebbero le disuguaglianze relative ai beni. I benefici della globalizzazione sarebbero, così, condivisi tra paesi ricchi e poveri ed anche tra i diversi gruppi all’interno di uno stesso paese. I rapporti umani, invece, spesso rimangono gravemente feriti perché retti dal frainteso del possesso in quanto si finisce con il misurarli attraverso le cose da dare o da ricevere. L’altro, piuttosto, è da riconoscere come una persona e non come una “risorsa” da utilizzare, perché arriverà un giorno in cui non sarà capace di produrre ma continuerà ad offrire l’occasione per vivere la relazione. Il viaggio che sa sostare con l’altro definisce la relazione che cura dando valore più al silenzio che alla parola, più all’attesa che al tempo frenetico per fare delle cose, più al vuoto che fa spazio e non al troppo pieno che cerca continuo appagamento. La visione Danisinni muove da questo itinerario, è la scelta di direzione che volge verso la Comunità civile e il sistema circolare dove a ciascuno è riconosciuta la preziosità del proprio contributo.

 

Siamo tutti preziosi e senza un prezzo: il valore

La capacità di ascolto rispettando i tempi collettivi richiede, a volte, di rimanere in attesa  e, altre, di trainare per portare oltre le apparenze o la rassegnazione dovuta alle ferite esistenziali. Il criterio non è l’efficientismo e, tantomeno, il successo ma la fiducia nella capacità di riscatto propria dell’umano. Ogni volta che si dà un prezzo alla vita di una persona, diversamente, si sta decidendo di costruire una società senza volto, una comunità civile priva di valori e parametri etici. Tale manipolazione è facilitata da un pensiero appiattito sul piano dei bisogni consumistici. Il processo comunitario di Danisinni è lontano dalla ricerca dei consensi che andrebbero a legare in compromessi volti al tornaconto individuale, piuttosto ha scelto l’ascolto che sfida le resistenze fino a fare venire fuori il desiderio profondo di partecipazione al bene collettivo esprimendo la propria originalità creativa. Bisogna tenere conto, inoltre, che lo sviluppo culturale non è un processo lineare o deterministico e non si può ridurre l’umano ad un fattore contestuale attribuendo la riuscita di ciascuno alla buona sorte che accomuna alcuni e scarta altri. È possibile credere nel riscatto di ogni contesto e di ogni persona ma è necessario contribuire alla fattiva crescita attraverso un’incessante opera di rigenerazione dettata da azioni che contrastano la povertà culturale e, quindi, la povertà educativa, restituendo dignità personale e diritto al futuro. Quando una periferia urbana come Danisinni è stata privata dell’asilo nido, chiuso per disinteresse da parte dell’Amministrazione locale, il territorio nell’arco di un decennio è regredito in una subcultura che ha cercato di autodeterminarsi per fronteggiare la precarietà e lo stato di sempre maggiore abbandono. Questa è la tipica conseguenza di una politica distratta che perde il contatto con i luoghi. È necessario, piuttosto, che ogni organizzazione, movimento, agenzia educativa eserciti il suo ruolo politico per contribuire ai processi generativi. La Comunità di Danisinni ha scelto la cura dei volti e dell’ambiente quale percorso di rigenerazione umana ed urbana perché lo spazio racconta la qualità dei legami di chi lo vive e, in contesti di particolare marginalizzazione, non ha senso promuovere stili di vita buona senza prendersi cura dei luoghi abitati e della loro bellezza paesaggistica. Luoghi freddi e organizzati secondo un utilitarismo frenetico sfaldano i legami e producono sempre maggiore violenza e processi di disumanizzazione. La cronaca delle nostre città è anche frutto di questo misconoscimento e senza sogno di bellezza l’individuo si abbrutisce dando il peggio di sé. Danisinni ha creduto nella necessità di attraversare la storia senza fughe, entrando anche nelle contraddizioni più complesse per prendersene cura e, così, andare oltre. Non ci siamo lasciati ingannare dal criterio efficentista, il quale non può orientare la maturazione umana. L’utilitarismo non lascia spazio alla bellezza, al respiro sinergico, alla meraviglia. Centrarsi sul compito abbrutisce l’individuo isolandolo dal prossimo perché il “da farsi” assume il primato sulle persone e non ammette il limite proprio della fragilità umana. È così che molti finiscono con l’ammalarsi gravemente perché non si sono permessi alcuna sosta mantenendo, per anni, ritmi lavorativi sempre più incalzanti. L’adattamento che permette lo sviluppo delle civiltà è altra cosa perché rispetta il ritmo della crescita e la custodia dell’ambiente in cui si vive.

 

Siamo tutti coinvolti per la causa del Bene: la passione

La causa dei piccoli, ossia difendere il diritto al futuro dei bambini del quartiere Zisa-Danisinni attraverso la riapertura dell’Asilo Nido “Galante”, è stata la principale sfida educativa assunta dalla Comunità di Danisinni negli ultimi dieci anni. I miglioramenti, secondo la nostra visione, dapprima devono rivolgersi alla cura dell’essenziale e cioè leggendo i reali bisogni dei territori rinunciando alle teorizzazioni che vorrebbero applicare belle idee ma senza rispondere alle fattive richieste della gente. Questo non significa, certo, rimanere su un piano emergenziale regolato da un sentire schiacciato sui bisogni immediati, ma comporta l’accompagnare l’emersione di un sogno condiviso investendo tempo ed energie fino a compromettersi con l’altro. Sebbene la Città fosse, ormai, rassegnata alla decisione  di demolire lo storico presidio sociale di piazza Danisinni, così come nel 2019  era avvenuto per l’asilo nido di via XXVII maggio, allo Sperone, Danisinni non si è arresa considerando il “Galante” come il centro nevralgico di rigenerazione di tutto il territorio e, cioè, capace di generatività sociale che porta con sé nuova creatività in grado di trasformare le relazioni e l’ambiente circostante. Portare avanti il progetto di rimpiazzare l’asilo con un parco giochi e un giardino, avrebbe avuto conseguenze nefaste sia per l’assetto urbanistico della piazza dove si sarebbe propagato a dismisura l’abusivismo edilizio e, soprattutto, perché ciò avrebbe continuato a indebolire il processo educativo a discapito delle nuove generazioni. I primi mille giorni di vita, infatti, costituiscono la base del percorso evolutivo che accompagna i piccoli ad aprirsi ad un funzionale progetto esistenziale. In territori precari per le condizioni socio-economiche oltre che culturali, dove la provvisorietà determina la priorità dei bisogni a cui dare risposta, i piccoli crescono per strada con una spiccata intelligenza creativa e capacità di problem solving, ma abbisognano dell’asilo per un adeguato supporto allo sviluppo sensoriale così come all’attaccamento sociale o allo sviluppo della capacità ludica e all’alfabetizzazione emozionale, competenze di base funzionali al successivo inserimento nella scuola primaria. La ferita sociale che dal 2007, anno di chiusura del plesso, il quartiere Zisa-Danisinni ha sperimentato è stata di enorme portata, sia per le ricadute che ha avuto per le nuove generazioni ormai private di un servizio essenziale così rilevante, e sia perché è stata  ostacolata la capacità di resilienza dell’intera piazza che, man mano, è sprofondata in un sempre maggiore degrado urbanistico fino a rendere il giardino attiguo all’Asilo una discarica a cielo aperto. Ad aggravare la situazione è stata la mancata veridicità delle periodiche promesse istituzionali di riaprire l’asilo, e, nel gennaio 2019, l’inquietante decisione comunale di demolire la struttura. Tutto ciò aveva procurato una grave frattura tra Amministrazione e il territorio con l’ulteriore conseguenza di episodi di vandalismo nel plesso. La Comunità di Danisinni, però, non si è arresa e con la Comunità Educane Territoriale ha reagito creando un Comitato “Pà Maternità” che si è fatto carico di presentare un progetto di adeguamento strutturale secondo la recente normativa antisismica. Considerato che questo era il cavillo tecnico che avrebbe avvalorato la demolizione dell’edificio. Un’impresa ardita che, grazie al supporto finanziario di diverse Fondazioni è riuscita a produrre un progetto consegnato al Comune di Palermo nel giugno 2021. Le Fondazioni, infatti, hanno sposato la causa di Danisinni sponsorizzando la progettazione al fine di salvare il Nido che non costituisce solamente un servizio essenziale ma, anche, un polo materno-infanzia capace di generatività sociale e, dunque, di creare connessioni e creatività per la cura delle persone e dello sviluppo territoriale. Un presidio civico in cui interagire con i piccoli e tra adulti per creare spazi di pensiero e di azione condivisa. Il processo è in fase avanzata, già sono stati avviati i lavori per il recupero dell’edificio e questo è un segnale eloquente per tutto il territorio. Sono vane altrimenti tutte le riflessioni volte ad analizzare i correlati tra povertà socio-economica delle famiglie e devianza dei minori o aumento della dispersione scolastica, più che fermarsi alle evidenze i territori della città di Palermo abbisognano di risposte chiare e trasparenti, i frutti potranno essere rivelati dal futuro.

 

Siamo tutti sulla stessa barca: il servizio

Il quotidiano della gente di Danisinni si regge su piccole economie ma le leggi di mercato non danno valore a ciò che nelle piccole imprese è considerato essenziale. L’umanità che lì si incontra nel quotidiano, i rapporti di reciprocità, la fiducia così come la gioia, la prossimità e il dono, le competenze tacite frutto dell’esperienza personale, sono tutti valori che non hanno un prezzo e, proprio per questo, sono stati esclusi dal mercato attuale. Questi valori, in realtà, prima costituivano il principio basilare su cui poteva scorrere l’economia che rimaneva a servizio dei rapporti umani e non viceversa. Oggi, diversamente, il mercato si regge esclusivamente sull’utile e cioè ha come obiettivo e parametro la massimizzazione dei profitti: più si guadagna e più funziona. Ma, sappiamo bene, che il mercato spoglio di umanità è destinato ad implodere, a fallire proprio per la mancanza di quella rete relazionale su cui si fonda la possibilità dello scambio. Quando tutti si diventa rivali concorrenziali, i patti perdono di valore e le alleanze possono essere tradite a seconda della convenienza di turno, la persona è trattata come un oggetto e quindi viene schiavizzata. La Comunità di Danisinni si è organizzata attraverso una governance fondata sul dono, sul servizio gratuito per sostenere e progettare itinerari di sviluppo urbano e la nascita di micro-imprese e lavori artigianali volti a restituire volto e dignità ai lavoratori. Il dono procura gioia perché favorisce l’espressione piena della persona che nella gratuità trova il suo profondo senso esistenziale. Non si tratta di ricerca di compiacimento e non è neppure l’animo filantropico di benefattori che rimangono nel mondo della finanza a speculare a danno dei poveri. Il dono, piuttosto, appartiene a chi vive di reciprocità considerando l’altro, prezioso per quello che è e non per quello che può dare in cambio. Il bisogno di reciproco riconoscimento va al di là del cibo o del tetto per garantire la sopravvivenza. Il tentativo delle politiche sociali, di ridurre il danno attraverso la sussidiarietà orizzontale, di fatto, continua a mancare di valore e si riduce a una cura palliativa che non tiene conto della complessità dell’umano il quale non può essere trattato come un automa a cui prestare manutenzione. La politica, asservita all’economia, troppo spesso si muove su un piano assistenzialista che procura dipendenza anziché attivare reali  processi di trasformazione. Le piccole imprese o le botteghe artigianali, piuttosto, custodiscono un patrimonio impareggiabile a cui il mercato dovrebbe dare riconoscimento: i rapporti umani. Creare un ambiente abitato da persone che condividono raccontandosi le storie del quotidiano, supportandosi a vicenda attraverso il reciproco rispecchiamento, fa del contesto lavorativo un luogo relazionale e non uno spazio freddo e anonimo. Il clima umano procura benessere condiviso, quella felicità che va oltre il bene acquistato, il valore frutto del favorire la felicità altrui. Quando si creano relazioni umane il frequentare un negozio assume una connotazione familiare, il gestore e i commessi diventano persone con cui consigliarsi e si fa memoria di date significative in cui ci si scambia perfino i regali. Il contrasto alla povertà educativa, l’inserimento socio-lavorativo e la promozione culturale, dunque, sono frutto di un unico processo che parte dalla potenzialità creativa di ogni essere umano. Fino a quando si tratterà di imbrigliare la libera espressione in un pensiero standardizzato, i bambini non potranno crescere contribuendo con la loro originalità ai programmi scolastici, i giovani faranno fatica a inserirsi in un circuito lavorativo che li vorrebbe passivizzare riducendoli ad automi del mercato e le fasce di popolazione più fragili saranno trattate come uno scarto inutile ai fini del “progresso”. Il processo promosso dalla Comunità di Danisinni si sottrae da questo sistema riconoscendo che l’esistenza, piuttosto, abbisogna di gratuità e che l’esperienza del dono restituisce visibilità a ciascuno perché non siamo il frutto dell’interesse di turno. Condividere gratuitamente quello che siamo genera bene, gratitudine reciproca, amore disinteressato. Secondo questa prospettiva il tempo torna ad essere percepito non più come rincorsa per accumulare ma come viaggio da attraversare rivolti verso la meta, quella capace di restituire veramente la libertà a tutti. Questo, in sintesi, è l’itinerario Danisinni. 

 

Palermo lì, 3 novembre 2022

Trascorso un anno da quando Leonida, nostro fratello, passava al Cielo