Quel che fa notizia sembrerebbe davvero importante per l’uomo contemporaneo così abituato a postare sui social la vita privata e i successi ottenuti. Ed è vero, a nostro avviso, che il bene va raccontato proprio per un effetto di contagio frutto della testimonianza ma la crescita e i cambiamenti vanno cercati nel segreto delle cose e cioè in quel che immediatamente non appare ma perdura nel tempo.
In questa domenica attraverso la figura di un uomo, Giuseppe, ci viene proprio mostrato come la custodia nel “segreto” è la via necessaria per partecipare alla storia di Bene. Diverso da quando usiamo la narrazione per farci ragione e affermare le nostre verità, qua diventa esemplare il tenere i ragionamenti senza rivalse cercando di custodire il prossimo.
Questo atteggiamento porta Giuseppe a meditare di licenziare Maria nel segreto, pur non comprendendo quel che sta accadendo, fa spazio interiore per ascoltare e non “resistere” alla novità di Dio.
Lui non parte dalle sue convinzioni ma rimane in ascolto di Dio. È questo il senso dell’essere “uomo giusto” così come esplicita il Vangelo. Non ha una sua giustizia da difendere ma è l’ascolto del Cielo a permettergli di discernere il da farsi. Gli sarà indicato di “non temere” e questo invito è rivolto a chi è proprio chiamato a non sostare dinanzi alla propria debolezza ma ad aprirsi all’agire di Dio. Il Suo intervento destabilizza e sovverte i progetti di convenienza umana, ed è perciò che la vita di fede è una sfida per l’uomo calcolatore.
Di fatto la giustizia di Giuseppe è equiparabile ad una disobbedienza alla legge osservata da scribi e farisei. Giuseppe si sottrae all’osservanza ferrea perchè crede nella profondità della giustizia di Dio e Lui mai agirebbe senza misericordia.
Agire secondo l’osservanza della legge avrebbe comportato esporre Maria alla lapidazione e dunque ucciderla insieme alla creatura che portava nel grembo, obbedire alla legge avrebbe ucciso Gesù!
Anche oggi ci troviamo interpellati di fronte a leggi che riteniamo “ingiuste” ossia non rispondenti al cuore di Dio. Si pensi alla condanna e alle sanzioni pecuniarie alle navi che prestano soccorso nel Mediterraneo a persone rifugiate e migranti i quali rischiano la vita a motivo delle precarie imbarcazioni. O, ancora, al loro trasbordo sulle navi libiche che non garantirebbero alcuna protezione.
La disobbedienza civile sta proprio a rivelare la “differenza” cristiana, perchè la fede in Gesù salvatore non può accettare compromessi con quel che toglie la vita piuttosto che salvarla. La prossimità del “Dio con noi” non si concilia con le politiche di marginalizzazione che vorrebbero risolvere le questioni escludendo l’altro che chiede aiuto, dall’immaginario collettivo. È tale disobbedienza che è richiesta ad esempio nel campo delle politiche militari.
Lo scorso mese mentre stavo transitando ad Abu Dhabi prima di ripartire per i villaggi del Tamilnadu mi ricordavo della recente esposizione alla biennale dei sistemi militari lì realizzata con grande partecipazione italiana. Tra le aziende produttrici di armamenti, infatti, la nostra nazione ha un primato di eccellenza e i nostri politici, considerato il grande tornaconto economico, hanno permesso la vendita di armi perfino a regimi totalitari. Di fronte a simili questioni la maggioranza di noi rimane silente come a dare per scontato che per vivere è opportuno non approfondire le conseguenze dei propri investimenti ma l’accoglienza dell’Emmanuele è inconciliabile con una simile “mentalità di convenienza”.
Poi c’è la disobbedienza ordinaria, quella che nel quotidiano fa leggere le etichette dei prodotti per acquistare consapevolmente e, dunque, decidere se comprare prodotti di aziende che finanziano l’industria degli armamenti o di altre che sfruttano i lavoratori con misere paghe.
Poi guardo la condizione di precarietà economica di tanta gente che mi circonda e mi chiedo fino a che punto ciascuno è libero di scegliere, così come pare che tanti siano privati pure del diritto a “resistere” e obbligati a passivizzarsi per sopravvivere.
La figura di Giuseppe, però, mi riporta all’importanza dei sogni e a continuare a credere che questi vanno custoditi in attesa della risposta di Dio. Nel mentre la nostra risposta è quella del difendere la causa dei piccoli ed essere loro scudo se necessario, altrimenti non sarà data loro voce o, comunque, possibilità di crescere senza che, nel mentre, vengano schiacciati.
A pochi giorni dal Natale mi chiedo ancora se il nostro rione Danisinni tornerà ad avere diritto all’asilo nido per i più piccoli, luogo di custodia del loro futuro. Poi mi fermo e rifletto se è giunto il tempo di una rinnovata disobbedienza civile…
Fratello Mauro Billetta 22 dicembre 2019