Custodire il senso dell’attesa permette di sorprenderci ed emozionarci per ciò che è inedito. Lo stupore destabilizza e fa comprendere nuove prospettive, risuona nel cuore allargando gli orizzonti.
Diversamente, siamo troppo abituati al calcolo di probabilità e a pianificare i nostri giorni e, tutto ciò, ci lascia senza tempo, continuamente affaccendati a rincorrere il da fare perché prestabilito dall’agenda.
Una corsa che abbisogna di anestetici e, alle volte, di fughe assordanti per dimenticare e percepire l’ebbrezza di un momento attraverso lo sballo di turno.
Il vivere umano, eppure, non procede per segmenti e l’attimo fuggente non sarà mai capace di procurare felicità o consolazione del cuore, e maggiore sarà la fuga e più sarà frammentata e vuota la percezione di sé con l’effetto di una profonda solitudine.
L’attendere mette in ascolto e in cammino, procura il gusto che orienta il discernimento perché si procede per fascino e attrazione verso una via rinunciando a tutte le altre possibilità. Non si tratta, dunque, di un’attesa passivizzante come l’aspettativa di chi ha delegato ai politici di turno la sussistenza della propria vita e, così, ha rinunciato ad assumersi la responsabilità delle scelte. Attende chi procede perdendo le misure difensive per garantirsi da solo, chi fa spazio dentro per ascoltare e riconoscere la presenza dell’altro presente lungo la via.
Nel Vangelo il buon Samaritano è uomo dell’attesa perché non si chiude nel calcolo programmatico dei suoi interessi ma si lascia provocare dal moribondo che scorge lungo la strada e, fermandosi, si china per prendersene cura. La strada diventa l’occasione per riconoscere la presenza di Dio, accoglierlo e, quindi, arricchirsi del Suo dono.
Senza umiltà, però, non c’è ascolto e cammino e spogliarsi di sé è la condizione necessaria per scoprire ed accogliere il forestiero. È lì che Dio si lascia incontrare e si consegna per visitare ciascuno.
I Vangelo di questa domenica (Mc 13, 33 – 37) rimanda al vegliare e cioè all’atteggiamento che permette di prestare attenzione, letteralmente “guardare”, e cioè andare oltre le apparenze riconoscendo la presenza di chi si attende.
L’attesa, infatti, orienta la ricerca e se è riposta in Dio allora si coltiverà una relazione e si riconosceranno i segni di essa. Il tempo, dunque, non sarà vissuto come una continua perdita di qualcosa, perché ci si consuma ma come una scoperta delle tracce del Cielo che non passano perché appartengono all’eternità.
L’unico modo per stare nel tempo, senza ansia da prestazione o brama di accumulo intesi come garanzia illusoria di avere posseduto il tempo, è il lasciarlo consumare non distraendosi a motivo delle perdite o dell’apparente fallimento.
Spesso l’amore autentico non è ricambiato e chi dona gratuitamente potrebbe attraversare tempi di crisi e di fatica quotidiana, ma è quell’amore mantenuto nonostante tutto a dare senso ai giorni portando oltre.
Gesù invita alla vigilanza del portinaio che discerne e sa chi fare entrare in casa. Non tutto è rilevante e alcune cose potrebbero disorientare o addirittura ferire strappando il gusto del cammino.
Il capitolo successivo del Vangelo di Marco è davvero eloquente nel tratteggiare gli accadimenti che possono segnare la criticità del tempo. Il tradimento di Giuda, la prova nel Getsemani, l’arresto di Gesù, il processo e il rinnegamento di Pietro, ma questo capitolo 14 è introdotto da un gesto incomprensibile per chi calcola i suoi giorni: il profumo di puro nardo versato sul capo del Maestro dopo avere rotto il vaso di alabastro.
È il gesto di una donna che rompe gli schemi delle convenzioni di allora ed entra in intimità con Gesù per custodirne la presenza. L’amore custodisce non trattenendo, dona in abbondanza uscendo dal calcolo, si affida senza più contare esclusivamente sulle proprie forze.
Giuda e Pietro, diversamente, calcolano e programmano strategie di successo e di vittoria sul nemico, ma scopriranno che solo chi si lascia amare sino alla fine è capace di vivere per sempre. Pietro scoppierà in pianto quando incontrerà lo sguardo del Maestro dopo il rinnegamento, entra nel tempo eterno chi scopre nel Cielo lo specchio per la propria esistenza.