Accogli quando l’altro ha spazio nella tua vita. L’accoglienza, infatti, inizia con uno sbilanciamento verso l’altro come quando dentro una casa in cui sta per nascere un nuovo figlio si riorganizzano gli spazi in modo da creare nuovi ambienti a misura dei piccoli.
L’accoglienza a Danisinni è frutto di un’esperienza quotidiana che si traduce in visione, sguardo rivolto ai luoghi e, di conseguenza, alle persone che li abitano.
Si tratta dell’accoglienza che ha visto piantumare tanti alberi nella fattoria comunitaria per creare zone ombreggiate in cui accogliere i passanti e i bambini per i loro giochi. Quella che ha ispirato la creazione della biblioteca di quartiere per accogliere i bambini e i ragazzi e così accompagnarli nel loro percorso scolastico. O, ancora, lo spirito di accoglienza che ha mosso la realizzazione dei murales in piazza per generare bellezza e restituire dignità ai luoghi che erano sfregiati dalla incuria come il giardino del Nido che nell’arco di un ventennio si era trasformato in una discarica a cielo aperto.
Accogliere, dunque, è guardare oltre le apparenze, è interessarsi e prendersi cura, anticipare i bisogni altrui tenendo a cuore le generazioni future: quelle che abbisognano di essere pensate per nascere.
La nostra società fa fatica a sintonizzarsi con l’accoglienza e, di riflesso, anche i servizi istituzionali sono organizzati in modo disconnesso, senza alcuna relazione. È per questo motivo che le persone sono sballottolate di ufficio in ufficio per potere accedere ai servizi essenziali. O la scuola è pensata solo per le lezioni mattutine e non come presidio territoriale da abitare al pomeriggio o alla sera per lo sport o eventi partecipativi.
Tutte queste disconnessioni rendono faticosa la creazione di comunità di cittadini, vengono impediti i nodi relazionali che tessono il senso di appartenenza ad una città. Quelli che pagano il prezzo più alto sono i più poveri sempre più marginalizzati ma anche i “penultimi” e cioè coloro che pur avendo un basso reddito – penso ad esempio agli uomini separati che dispongono del residuo rimasto dal mantenimento della prole – non riescono a fronteggiare il quotidiano.
Quando i rapporti umani mancano della qualità dell’accoglienza subentra la competizione individualista dove l’altro è percepito come un rivale da sottomettere o, addirittura, eliminare.
Il Vangelo di questa domenica (Mc 9, 30-37) rivela la cura di questo processo che sgretola la vita sociale frammentando le diverse individualità e, piuttosto, propone una visione alternativa capace di sciogliere ogni logica competitiva e di aprire alle relazioni fraterne.
Il Maestro sorprende i discepoli che discutono tra loro su chi fosse il più grande. Gesù aveva appena annunziato per la seconda volta quello che di lì a poco gli sarebbe successo – la sua passione e crocifissione – ma loro si distraggono su discorsi di grandezza.
Dopo il primo annuncio della passione Pietro aveva rimproverato il Signore rifiutando una simile sorte. Non era disposto a rinunciare all’idea di un messia vincitore capace di sconfiggere i romani e così liberare Israele dalla dominazione. Questo ideale di grandezza vincitrice viene replicato dagli apostoli che, ora, discutono sul primo tra loro.
Ancora una volta Gesù spiega che il processo di trasformazione che potrà cambiare il mondo è prima di tutto interiore. È necessario riconoscersi figli del Padre e quindi mossi da Lui, capaci di una missione che è frutto del Suo amore.
Mentre la gloria del vittorioso sottomette gli altri e così nutre il proprio ego ma a prezzo di una profonda solitudine, la prospettiva dell’accoglienza perché figli del Padre genera prossimità fraterna e supera le dinamiche di competizione che altrimenti continuerebbero a nutrire rivalità e divisione.
La premessa sta alla base di tutto: a ciascuno è dato di stare nella vita entrando in competizione con Dio o, altrimenti, aprirsi alla comunione scoprendo in profondità il Suo amore senza misura. La nostra vita dipende dalle premesse.
Nel mentre a Danisinni ci prendiamo una pausa serale per ammirare i colori dei nuovi murales allestiti nella piazza sotto il riflesso delle luci soffuse che illuminano il giardino del Nido che è tornato a vivere. Questa sera l’armonia del colori è accompagnata dalle note del pianista jazz nella cornice di Piano City che, insieme ad altri eventi, vorrebbe destare Palermo dal sonno dell’individualismo e restituire la bellezza che scaturisce dal riconoscerci umani, gli uni bisognosi degli altri.