La via tracciata da Francesco d’Assisi
è certo innovativa e, ci rendiamo conto, ricalca le orme del Maestro. L’esperienza di riconciliazione che Francesco mostra all’uomo medievale è quella che aveva realizzato 1200 anni prima Gesù Cristo ma, sappiamo bene, l’umanità lungo i secoli abbisogna di testimoni che possano mostrare al viandante distratto quale è la direzione della strada che sta affannosamente cercando.
Anche l’uomo contemporaneo abbisogna di riconciliarsi. È tempo di profonda frammentazione e l’individualismo, proprio della società dei consumi, ha diviso le persone proponendo tante direzioni da percorrere, in nome di una libertà emancipante, senza però assumersi la responsabilità della scelta e della strada da percorrere. La teoria del “tanto si può sempre tornare indietro” sovente non permette di entrare dentro le scelte e consegna le relazioni umane ed i legami familiari ad un perenne senso di precarietà. Il punto è che la vita va solo avanti e l’unico modo per affrontarla è misurarsi con la quotidianità prendendosi cura di eventuali fallimenti o delusioni. Le ferite non possono rimanere nascoste e chi cerca di vivere negandole, di fatto, sperimenta un continuo lavorio che lo imbriglia impedendogli di camminare liberamente.
Francesco d’Assisi dapprima seguiva una prospettiva di conquista, nutriva il desiderio di un’escalation sociale ad ogni costo, era la realizzazione di sé frutto dell’ascesa. Due battaglie seguite da due fallimenti, la prigionia e la malattia, così come l’incontro col lebbroso, serviranno ad ancorare Francesco alla realtà a partire da quella esperienza di debolezza. Non si ferma, l’assisano, ad un pianto vittimistico ma ben presto trova il coraggio di uscire dalla grotta ed affrontare perfino il rifiuto del padre Bernardone.
L’esperienza della spoliazione, il restituire le vesti al padre fino a denudarsi, è un’esperienza parecchio significativa. Francesco smette di costruirsi una veste, un modo di apparire per valere, ora è al Padre che affida la sua vita. La sua debolezza non gli fa più paura, sa di avere un custode e questo lo spinge a donare la sua vita senza riserve. Chi si affida a Dio, infatti, ha sperimentato la gratuità dell’amore in quanto ha percepito la grandezza della misericordia del Signore nei suoi confronti senza aver dato nulla in cambio. Chi si scopre amato può donare amore e ciò non nel senso della restituzione, ma della sovrabbondanza, della gioia per l’altro in quanto, anche lui, può fare la medesima esperienza dell’amore del Padre.
È quel che Francesco chiederà a papa Onorio III ottenendo l’indulgenza della Porziuncola. Il perdono è quel che noi conosciamo di Dio, è il centro dell’esperienza di fede e, inoltre, apre all’eternità cioè ad essere a pieno titolo cittadino del Cielo. Francesco aveva deposto le armi e chiedeva l’indulgenza che veniva concessa solo a quanti si facevano crociati per la liberazione del Santo Sepolcro. Intuisce Francesco che il dono di Dio non è effetto di una conquista ma della Sua attesa, del Suo desiderio, della Sua ricerca.
La Porziuncola e l’indulgenza ad essa legata, dunque, mostra tutto lo sbilanciamento di Dio, il perdono senza alcuna espiazione in cambio. Il titolo mariano di quella modesta chiesa avvalora tale “chinarsi” di Dio, proprio in Maria Lui si è consegnato in pienezza e da lei ha ricevuto accoglienza senza riserve.
Il ritrovare Francesco in quel luogo a compimento della sua esistenza, quando volle essere deposto “nudo sulla nuda terra” della Porziuncola, rivela l’itinerario di profonda comunione vissuto da quest’uomo. Francesco uomo della riconciliazione, tanto che potè additare perfino la morte quale “sora”. È un monito per l’umanità di tutti i tempi per l’azione politica che attraversa i secoli, non è possibile costruire pace senza giustizia e non è possibile trovare giustizia senza perdono. È la legge del Vangelo ad illuminare tutto ciò e a permetterci di comprendere la vita di Francesco d’Assisi: lì ogni steccato è abbattuto, ogni muro crolla, ogni discriminazione e criterio di esclusione viene meno, ogni essere umano e il creato che lo custodisce appare come desiderio di Dio