Vivere di perdono è altra cosa, chi sta nel quotidiano imbrigliato in continue rivendicazioni ha abbassato lo sguardo e continua ad invischiarsi senza soluzione così come chi si agita nel fango pur desiderando uscire fuori da quella condizione di stallo.
Quando i rapporti umani sono caratterizzati dalla capacità di perdono, allora, in quella persona traspare la profondità del vivere perchè le sue radici sono in Cielo. Il perdono, infatti, muove dalla gratitudine e dalla consapevolezza che la vita è dono e non frutto del minuzioso calcolo programmatico.
Il perfezionismo non ammette perdono e proprio per questo è disumano in quanto non tollera sbaglio o imperfezione altrui. La nostra natura, piuttosto, è fragile e limitata e cioè incapace di procedere in modo lineare come se le persone fossero automi diretti verso la meta.
In questa complessità esistenziale il dialogo con Dio rialza la creatura che non rimane schiacciata dal senso di colpa ma scopre la gratuità del perdono. Sì, Gesù ha rivelato il volto misericordioso del Padre, il Suo sguardo che riconosce la dignità di figli a quanti accolgono il perdono.
Per essere rigenerati a vita nuova è necessaria questa esperienza, ma fino a quando l’individuo pretenderà di meritare il giudizio benevolo di Dio fonderà la vita spirituale su se stesso e, dunque, si proietterà in un ideale ascetico volto a conquistare il Cielo attraverso la propria perfezione!
È così che molti, incompetenti nella vita spirituale, organizzano la propria religiosità in termini normativi e rigidi, in una sorta di ipercontrollo che priva di tratto umano il fedele di turno. La vita spirituale, invece, procede per gratitudine ed attrazione perchè ci si riconosce amati e, dunque, affascinati dalla bellezza divina.
L’uomo religioso che non vive questa esperienza cadrà nella colpevolizzazione di sé e degli altri, finendo con il perdere la relazione con il Dio d’amore e facendo dei sacramenti un sistema di obblighi per lenire l’angoscia esistenziale o l’ansia di non sentirsi all’altezza.
Senza l’esperienza dell’amore gratuito molti si ritrovano a cercare l’amore in luoghi sterili e poveri, i contesti della compravendita in cui al riconoscimento viene dato un prezzo economico o di sottomissione e potere. Seguendo tale prospettiva la società dei consumi produce caporalato e uomini imbavagliati attraverso il ricatto della perdita di lavoro o, ancora, donne costrette a concedersi per accrescere i loro ruoli; produce inquinamento e continue ferite all’ambiente per aumentare i proventi fino a corrompere chi dovrebbe vigilare o ad eliminare quanti esprimono capacità critica e visione integrale dello sviluppo umano nel nostro pianeta.
L’esperienza del perdono, però, non banalizza il peccato. Non si tratta di affermare “non è successo niente”, come una sorta di buonismo privo di dato di realtà. Se un paio di settimane fa gli alberi dei boschi attorno a Palermo sono stati devastati per un incendio doloso, è da riconoscere che è un fatto grave realmente accaduto e che non ammette giustificazioni, e se fra due giorni ci troveremo a celebrare l’anniversario del martirio di don Pino Puglisi, è perchè un vile gesto agito dalla mano mafiosa è stato compiuto ventisette anni fa, ma ciò non significa che il male viene a dare il senso alla storia. Troviamo senso quando scopriamo il perdono di Dio, l’unico che può muovere autenticamente la storia personale di ciascuno.
La pagina del Vangelo di questa domenica (Mt 18, 21-35) è lapidaria a riguardo: Pietro chiede fino a che punto è opportuno perdonare, se fino a sette volte e cioè con quanta pazienza, ma Gesù sposta i termini della questione sul piano qualitativo della relazione. Racconta una parabola in cui a un debitore viene condonato un debito abnorme, pari a centinaia di milioni di euro, perchè ha supplicato il creditore ad avere pazienza in modo da potere restituire il debito.
Una preghiera pretenziosa perchè vorrebbe fondare tutto sulla propria possibilità di restituzione e ciò equivarrebbe ad un delirio di onnipotenza, perchè impossibile. Ciò nonostante tutto gli viene condonato in modo gratuito ma il suo cuore non è grato e cioè non si riempie di gioia per il regalo ricevuto. Ne consegue che di fronte ad un uomo il quale gli doveva una piccola somma, pari a poche centinaia di euro, ecco che reagisce in modo spietato, quasi soffocandolo e facendolo imprigionare.
Tale paradosso questiona la vita cristiana perchè si percepisce figlio chi si riconosce gratuitamente amato dal Padre e, per questo, si relaziona con il prossimo non da nemico che compete, ma da fratello che condivide l’amore ricevuto!
Il nostro mondo vive il frainteso esistenziale del farsi da soli, la nostra generazione si sta ammalando di solitudine e pur essendo palesemente interconnessi rischiamo di vivere rapporti sterili, privi della fecondità del perdono. Il perdono, invece, è l’unica risposta capace di trasformare i rapporti e di umanizzare i nostri giorni, l’unica risposta che possa davvero rivelare la presenza del Cielo in questo mondo.