Abbiamo bisogno di abitare il nostro tempo e così rimanere protagonisti della storia personale, capaci di scelte senza subire gli accadimenti con un fare remissivo. C’è chi corre avanti sciupando il tempo attraverso una continua frenesia che non gli permette di nutrire il senso del presente e, ancora, c’è chi vive la noia del tempo nutrendo un vuoto interiore che priva della luce.
Alcuni si lasciano portare dagli eventi di turno passando dall’euforia di un successo allo scoraggiamento per un fallimento, senza riuscire a dare direzione alle proprie giornate. In realtà è il rimanere in cammino a dare senso ai giorni e quando l’individuo cerca di fermare il tempo, attraverso un’appropriazione esteriore fatta di possessi bulimici di cose e persone, ecco che ne perde il gusto cadendo nell’insoddisfazione o nell’ansia di controllo.
A ciascuno, dunque, è dato di serbare nel cuore il sapore dei giorni trascorsi quando si rimane in viaggio, aperti al nuovo, capaci di ascolto e di continua revisione per andare oltre lasciandosi provocare dagli eventi della vita. Il quotidiano interpella e chiede una risposta personale che ci cambia permettendo, così, di approfondire il senso dell’esserci ed il valore di quello che sperimentiamo.
Ricordo la testimonianza di Sarina Ingrassia che sei anni fa ha compiuto il suo ultimo viaggio verso il Cielo, la quale ci rimandava a questa continua ricerca . Lei ottantenne, a servizio permanente in una periferia di Monreale, manteneva una vivida apertura verso il nuovo e ascoltava con interesse il racconto degli interlocutori senza mai privarsi di una sua restituzione critica e costruttiva, sinceramente orientata al bene. Il dialogo a due acquistava puntualmente un ampio respiro e le problematiche non erano mai ristrette in una visione piccina ma contestualizzate nei processi più ampi che riguardavano la storia e i territori. Parlare della difficoltà che poteva affrontare a scuola un ragazzo del quartiere, significava riflettere sulle responsabilità politiche, gli investimenti preventivi, gli impianti sportivi gratuiti, le difficoltà di reddito della famiglia, il diritto ai servizi basilari, l’alimentazione e la salute, finanche dei viaggi da proporre per favorire la motivazione e gli interessi. Sarina con il tempo dedicato ai “senza voce” rivelava cosa significa rimanere in ascolto della storia che puntualmente richiede un cambiamento per approfondire la meta.
In questa “Domenica della Parola di Dio” ci viene indicato, in modo ulteriore, che questo movimento è alimentato dalla luce della Parola senza la quale non è possibile vivere. Dapprima è il profeta Giona ad annunciare la Parola agli abitanti di Ninive e questi cambiano direzione, si convertono dalla loro condotta malvagia. La missione del profeta, dunque, permette di ritrovare la strada a quanti stavano per distruggere la propria esistenza. Accogliere la Parola significa condividerla, farsi pane spezzato per la vita altrui, infatti Giona rischiava di essere ucciso per quella denuncia e invece viene ascoltato e il popolo ne avrà grande beneficio.
L’annuncio della Parola, pertanto, non richiede un contesto ideale, frutto di garanzie e di calcoli prestabiliti, ma necessita della fiducia nel Padre. È quello che leggiamo anche nella pagina del Vangelo (Mc 1, 14 – 20) di oggi: Gesù inizia il ministero pubblico di annuncio, dopo l’arresto di Giovanni Battista. Un momento di apparente sconfitta e pericolosità diventa, per Gesù, il tempo propizio per rivelare la Via che Giovanni aveva preparato.
Il Maestro afferma che il tempo è compiuto e il regno di Dio è già presente e così rivela che si è entrati in un tempo nuovo in cui ad ognuno è chiesta la risposta nel presente. I discepoli non dovranno più attendere, Gesù chiama ora e la strada è già aperta. Ogni cristiano, dunque, è chiamato ad entrare nel quotidiano con atteggiamento di ascolto perché è nell’oggi che Dio rivela la sua Parola d’amore. Rimanere a rimuginare sul passato o a proiettarsi nel futuro impedisce di accogliere lo sguardo del Cielo e di ascoltare la Parola che rivela la missione di ogni giorno.
Ogni vita è missione e ciò che ciascuno può fare appartiene alla propria unicità, l’impegno personale non è delegabile ad altri. Ma tale necessità scaturisce dalla gioia data dalla custodia della Parola, anche in mezzo a tribolazioni e tempeste l’ascolto di essa è consolazione e luce interiore.
Per molti, invece, la vita si traduce nel rincorrere e difendere le proprie ragioni, angustiandosi per esse e lottando per affermarle sugli altri. Quanti cercano il “quieto vivere” fondato su se stessi e non sulla Parola, in realtà, spengono la passione e il desiderio proprio dell’esistenza, perdono il sapore dei giorni e se apparentemente soddisfatti nutrono una profonda tristezza interiore.
La Parola scomoda destabilizzando gli equilibri di prima, i discepoli sono chiamati ad abbandonare le reti e l’imbarcazione dei padri per entrare in un quotidiano inedito, li attenderà una pesca nuova rivolta non a procurarsi il cibo per sé ma a consumarsi per amore nutrendo folle sterminate. La Parola, operando in questo modo, rende prossimi, muove oltre le apparenze del pregiudizio e apre ai sogni, abbatte i muri e purifica interiormente affinché la Luce dimori in ciascuno.
La Parola apre allo stupore della vita e fa fiorire la speranza perché sempre orienta verso la meta e lì, a ciascuno, è dato di riconoscere che l’esistenza è chiamata all’eternità del Cielo.