Ci sono slogan esistenziali che vorrebbero nutrire l’essere umano propinandogli l’elisir di piena felicità. Modelli di bellezza, performance eccellenti, capacità straordinarie di affermazione con redditti da capogiro sono offerti alle nuove generazioni quali esempi di successo.
Fondare la propria esistenza sull’immagine di fatto isola e induce a costruire una maschera per manifestare quel che, in realtà, non si è. La logica delle apparenze non lascia adito a critiche, l’altro è ammesso solo se compiacente e malleabile.
La logica delle conseguenze, invece, è relazionale perchè apre alla considerazione dell’altro, a cogliere l’interesse altrui e non solo il proprio. È la prospettiva di chi si riconosce povero, e lo siamo tutti, cioè bisognoso dell’altro per camminare e capace di donarsi per sostenere il peso altrui.
La pagina del Vangelo di questa domenica (Mc 12, 38-44) ci mostra due posture di vita così contrapposte: quella dello scriba che esercita un grande potere sul popolo per il ruolo che riveste in Israele, quella della vedova che anziché fondarsi su piccoli calcoli di risparmio si affida totalmente a Dio donando per il bene altrui il poco che ha.
Lo scriba che si atteggia a persona importante, sfoggia le sue vesti ed utilizza ed usa la sua conoscenza per appagare le proprie bramosie. Vive per se stesso e non valuta le conseguenze del proprio agire sulla vita altrui.
La vedova nel nascondimento del suo fare getta due monetine, gli unici averi di cui dispone, per contribuire al tesoro del tempio. È un’offerta apparentemente insignificante, che non fa rumore rispetto alle somme che altri versavano nelle trombe che raccoglievano le offerte facendo risaltare il gesto in modo altisonante. Eppure Gesù criticherà tali offerte così ostentate che non hanno nulla di prezioso e dicono, piuttosto, della miseria interiore di coloro che le compiono.
Già Elia (1Re 17, 10 – 16) aveva incontrato una vedova invitandola a condividere il suo cibo fidandosi di Dio che l’avrebbe ricompensata per avere aiutato un profeta. Si tratta di un rapporto ben diverso, il profeta rimanda a Dio e la condivisione è segno di questa reciproca fiducia in Lui.
Colui che si riconosce povero si apre alla relazione con il Signore condividendo i suoi beni fino ad affidarsi totalmente.
Penso a quanti nel nostro Rione Danisinni si esprimono quotidianamente con gesti di condivisione distribuendo il proprio che hanno per sostenere la vita altrui. La povertà è ricchezza quando esprime la capacità di Bene che non si lascia scoraggiare dalle avversità della vita.
Ben diversa è la logica dei potenti che per fare un’azione buona abbisogna di una vetrina, di un riconsocimento mediatico che racconti la grandezza di quel gesto. È altra la logica che ci conquista, quella di chi si fa piccolo per risollevare l’altro. È l’offerta che Gesù fa di se stesso per rigenerarci alla vita, quella vera.
Oggi abbiamo accolto due nuove creature nella nostra Comunità di Danisinni, Raffaele e Maria Chiara, entrambi frutto della fiducia in Dio.
Maria Chiara, ultima di cinque figli, mostra come il Signore continua a benedire quanti hanno il coraggio di alzare lo sguardo trovando in Lui la forza. Una logica differente dai calcoli di profitto di questo mondo che vorrebbero la spartizione delle ricchezze tra pochi. Tale logica quantitativa, piuttosto, esprime una miseria qualitativa: quella dell’uomo che ha “tutto” ma a prezzo di rimanere solo!
Abbiamo bisogno di tornare a discernere le conseguenze delle nostre scelte. Quando qualcuno manca alla sua responsabilità quotidiana qualcun altro pagherà per lui. Così accade quando per anni si trascura la manutenzione di una strada o la pulizia del letto di un fiume, quando si risparmia nel materiale edile o quando si aspetta un “incentivo” economico prima di sbloccare una pratica per assegnare una licenza lavorativa. Ogni azione compiuta o omessa avrà una conseguenza e la povera vedova ci ricorda, ancora oggi, da che parte è importante stare.