Le Conversazioni creano spazio di pensiero, di silenzio e di ascolto, di sosta e di incontro. È così che l’oasi di Danisinni esprime la sua vocazione natia, comune a molti borghi antichi, quella di destrutturare riflessioni altezzose e restituire sguardo ed emozioni, ossia il sentire della vita.
Ci ha resi più umani la Conversazione di questa sera in cui abbiamo letto e custodito il bisogno di radici e di ali, quelle che ci permettono di vivere il nostro tempo mantenendo il sogno e la passione della vita.
Sembrerebbe scontato ma, ci rendiamo conto, la cultura contemporanea cerca di schiacciare l’umano in una corsa sempre più competitiva e meritocratica ove le competenze perdono sempre più i tratti umani e assumono i connotati della macchina.
I nosti ragazzi sono troppo umani, è questo il problema! Eppure spazi come questo diventano feritoie che mettono in luce aspetti differenti come la creatività, la capacità di contemplare o semplificare le questioni della vita.
Il borgo non è un idillio certo, soprattutto se rimane mondo a sé rispetto allo scorrere del tempo altrove. Gettare ponti è quantomai vitale, altrimenti è fermato il movimento e il dirupo diventa insormontabile quando si vuol stare soli.
È così che nella prospettiva della Comunità educante a Danisinni, oggi, abbiamo trovato realtà diverse di quartieri altri, il Centro diaconale “La Noce” e il Centro “Pedro Arrupe”, che hanno condiviso buone pratiche per la costruzione di relazioni e vie nuove, alternative allo status quo passivizzante.
Il mondo adulto, tutte le agenzie educative insieme alla famiglia, abbiamo la responsabilità di educare e cioè consegnare alla vita così come fa la levatrice e, quindi, di trasmettere cultura ossia coltivare la pianta che cresce così come il contadino che la custodisce con il suo lavoro.
Dietro dei minori “deboli” stanno famiglie deboli ed educatori deboli. È inaccettabile che a territori economicamente poveri debbano corrispondere alti tassi di dispersione scolastica e di, conseguente, rischio devianza.
Il sistema educativo contemporaneo non può allinearsi ai criteri di produttività: se rendi vali, altrimenti sei scarto! I minori non sono da valutare secondo la resa, sono piuttosto da promuovere secondo le loro potenzialità.
Prima dell’apertura della biblioteca di quartiere abbiamo assistito alla narrazione di tre donne del luogo, la loro voce è stata altisonante perchè hanno espresso il pensiero ed i bisogni di tanti, è così che immagino i percorsi di cittadinanza attiva che diventano progetti di cura e sviluppo. Il punto nodale, e quindi virtuoso, è stato che al tavolo insieme a loro stavano rappresentanti del terzo settore e di istituzioni politiche. Le une senza le altre non avrebbero dato senso pieno alla voce delle rappresentanti del popolo, perchè in questa cornice quella riflessione è diventata luogo di ascolto e di interpellanza per un percorso su cui confrontarsi e creare nuove vie.
Valore aggiunto è che quelle donne, insieme a molte altre, da un anno condividono con i mediatori del Comune e del terzo settore, un itinerario di mediazione comunitaria. Ecco la matrice della Conversazione di oggi, ascoltarsi per riconoscersi e proporre soluzioni territoriali condivise. Un primo tassello lo ha posto la Comunità di Danisinni attraverso la biblioteca di quartiere. Si poteva partire da un servizio di emergenza quale lo sportello indumenti o di potenziamento alle derrate alimentari, eppure si è colta una priorità: la biblioteca quale luogo di nutrimento sapienziale e di sviluppo di pensiero attraverso la lettura, l’incontro, la condivisione.
La finestra della biblioteca si apre sulla fattoria come a mostrare una finestra sul mondo, quella che il silenzio e l’ascolto, la lettura e l’immaginazione, fecondano.
È così che osiamo sognare di andare oltre Danisinni: incominciamo dai libri, e la via sarà ancora più aperta.