L’equipe degli operatori che ogni giorno si spendono nel Centro Educativo a Danisinni ha maturato professionalità stando sul campo. Il confronto quotidiano con i nostri ragazzi diventa la palestra per rivedere le teorie studiate e, così, farle diventare vita aldilà degli schemi mentali o delle precomprensioni personali.

Il processo educativo è in primo luogo un percorso partecipativo dove attraverso l’interazione con i minori e il territorio, si apprendono strategie e si maturano obiettivi rispondenti ai reali bisogni.

Alla base di questa prospettiva la Comunità di Danisinni pone l’ascolto esistenziale che traduce, concretamente, la fede nel Vangelo della prossimità.

La realtà è superiore all’idea ed è l’esperienza concreta ad offrire l’opportunità per la crescita personale e comunitaria.

Abbiamo bisogno di pensiero e di visione ma se questo non è coniugato con il quotidiano, rischiamo di cadere nella idealizzazione o nel politichese tipico di certi amministratori che a parole paiono cambiare il mondo ma, di fatto, lasciano tutto incompiuto.

Oggi assistiamo ad un nuovo fermento gnostico che vorrebbe fare delle conoscenza l’antidoto ai problemi reali, questa è la via perseguita da lobby come la massoneria o da circoli altoborghesi che pianificano l’organizzazione sociale misconoscendo la gente che soffre perché non riesce a soddisfare i bisogni essenziali.

Anche la regolamentazione dei tassi d’interesse, ad esempio, risponde a simile prospettiva. Pensiamo a tutte le fasce di popolazione che non riescono a pagare la rata del mutuo a tasso variabile o ai lavoratori che vengono schiacciati dagli interessi bancari dopo avere chiesto un prestito. Il pensiero astratto non riconosce la sofferenza altrui ma si difende nel mantenere il proprio equilibrio volto alla pacificazione individuale.

L’anno giubilare, nella Scrittura, restituisce la libertà da ogni debito perché il valore della persona è superiore al valore di un debito. Simile visione, se accolta, destabilizzerebbe il sistema capitalistico e finanche il concetto di giustizia e di diritto.

La visione per non diventare astrazione, secondo la fede cristiana, abbisogna di passare attraverso una porta che permette l’affacciarsi con uno sguardo rinnovato sulla vita personale e la realtà che la circonda.

La porta è Cristo, una persona con cui entrare in relazione e “mangiare” lasciandosi trasformare. Ancora oggi è scandaloso riconoscere l’audacia di un Dio che si fa uomo e che, dunque, si sottrae ad ogni possibile ascesi perfezionistica.

Nel mentre che taluni religiosi cercano di diventare perfetti per accostarsi al Cielo, il cristianesimo annuncia la fede in Dio che assume la carne umana con tutta la sua limitatezza e precarietà, per portarla nella vita divina.

Gesù, infatti, sperimenta la necessità dell’affidamento ai genitori per crescere, la fatica e il travaglio per l’incomprensione, il pianto e la sofferenza per amore dell’umanità.

Il racconto della passione non è una favola ma l’esperienza che accomuna in profondità Dio e ogni persona, quel dolore che, offerto per amore, lo avvicina all’umanità più travagliata, gli ultimi della storia. In quel caso la sofferenza diventa via d’accesso per lasciarsi visitare dall’amore di Dio e non luogo per idealizzare il paradiso svalutando quello che concretamente si sta vivendo.

Nel Vangelo di questa domenica (Gv 6, 41-51) i giudei reagiscono alle parole di Gesù che aveva detto di essere il pane disceso dal cielo. Loro, diversamente, pretendono di sapere chi è. Conoscono la sua famiglia, e sanno che il pane del cielo è la Parola di Dio, la Legge da osservare per essere amati da Lui.

Mormorano cioè contestano quello che il Maestro rivela perché ciò significherebbe cambiare radicalmente prospettiva abbandonando le precomprensioni su Dio. Lo stesso era successo nel deserto quando il popolo era caduto nella mormorazione nutrendo la nostalgia per le cipolle d’Egitto. Nel momento della prova Israele aveva anelato allo stato di schiavitù di un tempo, considerandolo più rassicurante.

Adesso Gesù rivela che non può esserci nessuna dicotomia tra spirito e carne, la sua Parola e il suo Pane coincidono. C’è un duplice nutrimento, così come accade in ogni liturgia eucaristica, e questo comporta la trasformazione interiore che è cambiamento di vita. Il cammino etico, dunque, abbisogna di nutrimento perché altrimenti sarebbe infruttuoso.

Se così non fosse come potremmo avere gli stessi sentimenti di Cristo? Come potremmo perdonare i persecutori? Come rimanere capaci di dono gratuito?

La prossimità a cui introduce il Vangelo, dunque, è la postura esistenziale che accomuna ogni persona che ha scoperto in Cristo il senso della propria storia.