In mattine come questa vedi Danisinni tingersi di colore, i fratelli e le sorelle della chiesa protestante che l’attraversano con i loro vestiti variopinti, i bimbi intenti con nell’estenuante girotondo attorno alla piazza con le loro motorette dono “dei morti”, la gente che si raduna all’ingresso della Chiesa Sant’Agnese prima della Messa, i visitatori che arrivano in piazza per la Via dei Tesori scoprendo un paesaggio per loro del tutto inedito. Una domenica che giunge al termine di tre giorni intensi di celebrazioni dove abbiamo contemplato la santità che porta al Cielo e la precarietà dell’esistenza umana che pare fermarsi alla tomba cimiteriale. Ma, ci siamo fermati a meditare, molto di più è il Mistero che custodisce la vita.
C’è chi vola basso perchè pensa che ci si debba accontentare di una vita mediocre, senza troppe pretese, cercando il quieto vivere tenendosi a cauta distanza dalle questioni che potrebbero “disturbarlo”.
C’è chi non crede alla santità, alla possibilità di costruire una vita che porta il sapore dell’amore e dunque capace di andare oltre al calcolo immediato fino a consumarsi per la causa del Bene.
Persone disilluse o, ancora, abituate allo status quo che non ammette cambiamento, perchè il mutamento costa, ha un prezzo personale e spesso procura un contrasto sociale.
Eppure molti hanno ricevuto il battesimo e, per questo, sono annoverati nella schiera dei santi e cioè fanno parte del popolo chiamato alla santità, alla vita nella Luce, a nutrire quotidianamente la relazione con Dio, quella conoscenza che matura a confronto con il quotidiano.
I santi non si sono fermati di fronte all’evidenzia della loro fragilità, hanno creduto che Dio poteva cambiare la loro vita e che Lui poteva usarli per realizzare la Sua opera. I santi, dunque, hanno rivelato con la loro esistenza terrena l’opera di Dio.
Ciò non significa che nella loro storia sia mancata la tribolazione o la prova ma loro hanno fatto di ogni accadimento l’occasione per accogliere la presenza di Dio e la precarietà di certi momenti è divenuta opportunità per accrescere la relazione con il Signore.
A ciascuno è data tale opportunità e in questa domenica, a due giorni dalla solennità di Tutti i Santi, ci viene consegnata la pagina del Vangelo di Zaccheo (Lc 19, 1-10). Lui si è fidato della possibilità di cambiamento, non è rimasto a piangersi addosso per i tanti errori commessi nel passato ma si è aperto all’incontro Dio.
Lo troviamo tra la folla, incapace di vedere il Signore perchè basso di statura e, probabilmente, osteggiato dai tanti che aveva sfruttato a motivo del suo lavoro: capo dei pubblicani e dunque uomo che si era arricchito sulle spalle della povera gente. In realtà ciò su cui ci si appoggia per avere potere diventa ostacolo per liberare la propria vita, catena che non permette di consegnare con fiducia la propria esistenza al Cielo.
Quel giorno però Zaccheo viene allo scoperto, si espone manifestando chiaramente il suo limite e il bisogno di conoscere Gesù. Non è più un potente con cui ci si confronta in modo reverenziale ma un uomo che abbandona ogni formalismo per salire su un albero e vedere il Maestro di cui tutti parlavano.
È sorprendente la scena in quanto è Gesù ad alzare lo sguardo e a riconoscerlo. Lui lo chiama per nome e gli chiede di accoglerlo a casa sua. L’uomo peccatore permette a Dio di visitarlo ed è subito gioia perchè si sente riconosciuto nella sua intimità e non attraverso l’etichetta di peccatore che gli veniva pubblicamente attribuita.
Il Maestro offre una prospettiva diversa. Ora è dal Suo punto di vista che è necessario imparare a vedere la propria esistenza e Lui non procede per etichette cristallizzate ma per amore e l’amore è sempre in divenire, è desiderio di Bene.
Gesù, dunque, gli manifesta la necessità di visitarlo a casa e ciò esprime il perdono che Lui gli ha già concesso. Dio non si mantiene distante ma accostandosi all’uomo peccatore gli rivela il desiderio di comunione. La risposta di Zaccheo sarà sovrabbondante, è la gratitudine del peccatore perdonato, dona i suoi averi in modo spropositato, è la gratitudine per il Signore ad arricchire la sua vita.
Da allora la sua casa sarà abitata in modo differente, Zaccheo non ne farà più luogo di possesso e di accumulo ma di condivisione dei suoi beni e della sua gioia.
La sua storia viene trasformata in profonda gratitudine perchè molto gli è stato perdonato e l’attenzione non è più sul proprio peccato ma sulla infinita misericordia di Dio.
La vita dei santi racconta questa parabola in quanto è la percezione dell’amore gratuito di Dio a procurare la fiducia nella chiamata che non si ferma al dovuto o al possibile. La Sua misericordia, ci ripete la Scrittura, è senza limiti, quel che conta è salvare l’umanità tutta!
Fratello Mauro Billetta 03-11-2019