Confrontarci con il limite ci permette di camminare così come l’argine favorisce lo scorrere di un fiume.

Senza limite non ci sarebbe direzione e il viaggio si trasformerebbe in un girovagare attorno senza alcuna evoluzione. Molti, diversamente, affermano che la libertà si esprima nell’assenza di limiti e, di conseguenza, si spingono verso un’illusoria onnipotenza che, alla fine, li lascia frammentati e spogli di ogni gusto.

Domani ricorre l’anniversario del vile attentato di via Pipitone Federico, nel 1983, in cui persero la vita il giudice Rocco Chinnici insieme ai due agenti di scorta e al portiere dello stabile dove abitava. Un uomo coraggioso che non ha mai smesso di misurarsi con il senso del limite: già liceale si trovava a percorrere a piedi la strada tra Misilmeri e Palermo per continuare a frequentare la scuola malgrado la ferrovia fosse stata bombardata e, poi, durante il periodo universitario andò a lavorare per mantenersi gli studi.

Sarà il senso del limite a portarlo da magistrato – dopo avere assistito agli omicidi del giudice Cesare Terranova, del capitano Emanuele Basile, del procuratore Gaetano Costa – a creare il pool antimafia, consapevole che da solo non sarebbe riuscito a sostenere indagini così complesse.

Per Chinnici il limite divenne opportunità per aprirsi alla condivisione con i colleghi e così lavorare insieme nella lotta alla mafia, senza rischiare di bloccare tutto a motivo della morte di qualcuno. Quei magistrati, infatti, erano ben consapevoli di rischiare ogni giorno la vita per la loro missione di contrasto alla criminalità organizzata.

La pagina del Vangelo di questa domenica (Gv 6, 1-15) svela l’atteggiamento che possiamo assumere di fronte al limite. Gesù dopo avere constatato la fame della folla chiede ai suoi discepoli: “Dove potremo comprare il pane per dare loro da mangiare?”

La questione posta è in linea con la loro mentalità che vorrebbe superare l’ostacolo attraverso un calcolo dettato, in questo caso, dal potere d’acquisto.

Il Maestro li porta ad uscire da quella prospettiva che impedisce di vedere la preziosità della risorsa relazionale e il contributo che ciascuno può dare con il suo esserci.

Anche Chinnici avrebbe potuto arrendersi di fronte alla complessa montagna quale appariva il sistema mafioso capace di potere e disponibilità economica senza eguali. Eppure lui riconobbe in quei giudici che aveva attorno, messi insieme, la possibilità di un riscatto per destituire il potere malavitoso.

Gesù rimanda al “dove” che fa riferimento, nello stesso Vangelo, al Suo rapporto con il Padre: è Lui la fonte da cui si muove. In questo modo svela che bisogna entrare nella relazione filiale per fronteggiare la precarietà e le prove della vita. Noi non siamo la fonte e solo attraverso un rapporto di consegna fiduciosa al Cielo, è possibile vivere pienamente il dono ricevuto.

Nella scena evangelica i discepoli saranno invitati a presentare quei pochi pani e pesci ed è da questa offerta, da quella pochezza, che potrà scaturire il miracolo della condivisione.

Il valore del camminare insieme è inestimabile ed è l’intuizione che Francesco d’Assisi consegnò alla fraternità. L’essere riuniti nel nome del Signore, come ricorda il Vangelo, diventa l’occasione per la Sua manifestazione ed azione.

L’attivismo solitario di chi cerca di affermare se stesso è un’altra storia, non porta frutto e finisce con lo sciupare l’opportunità della vita.

L’ammissione di avere perso il sapore e il gusto delle cose, come nel caso delle nozze di Cana dove la storia nuziale stava iniziando senza alcuna attenzione alla relazione con il Cielo, riapre all’ascolto e questa ricerca relazionale permette l’opera straordinaria di Dio che muta l’acqua in vino. Riconoscere il limite, ancora una volta, è l’occasione per poggiare tutto nel Signore e, attraverso il proprio dono, permettere la Sua opera.

Gesù sceglie il pane quale luogo della Sua presenza. I greci conoscevano già trecento tipi di pane e da tre secoli avevano portato anche a Roma la cultura di questo prezioso alimento. Per Gesù quell’impasto assumerà un significavo ulteriore: condiviso all’interno del convito eucaristico il cum-panis renderà davvero “compagni” e il nutrirsi insieme genererà la fraternità.

Quel pane condiviso, ora, è segno della giustizia tra gli uomini, nutrimento che supera anche la morte.

Troviamo un’analogia con la testimonianza dei magistrati e di tutti i cittadini che hanno donato la loro vita non retrocedendo nella lotta contro le mafie. La ricompensa per chi si consuma per la causa del bene e della giustizia porta già il profumo dell’eternità.