L’essere umano è cercatore e, nel profondo, sappiamo tutti di non avere risposte o verità da noi stessi. Anche quanti bluffano dichiarandosi forti e sicuri di sé, nel momento della prova svelano che era finzione e si trovano senza risposte e in cerca di senso.
Quello che cerchiamo darà direzione alle nostre scelte, ci permetterà di andare verso la meta e di attraversare la precarietà della vita con fiducia. L’esistenza, infatti, rimane fragile per tutti e proprio la condizione di vulnerabilità permette di andare avanti e non arroccarsi su torri precostituite, luoghi stanziali entro cui illusoriamente appagare i propri giorni.
Il tempo ci invita a perdere, a lasciare per portarci avanti, e la crescita è propria di chi smette di rincorrere successi accumulativi e sceglie di approfondire il cammino di spoliazione. È l’esperienza della vita spirituale fondata sulla sequela di Gesù, il Figlio di Dio.
Questa domenica la figura di Giovanni Battista rivela le coordinate principali di tale itinerario che porta al dimorare con il Maestro. Giovanni fissa lo sguardo su Gesù mentre sta passando ed afferma ai suoi discepoli: “ ecco l’agnello di Dio”. Per Israele l’agnello costituiva il segno della pasqua e cioè del passaggio dalla schiavitù alla liberazione, dal peccato alla comunione col Cielo. Era il segno dell’alleanza perché Dio non dimentica il suo popolo, malgrado il tradimento ricevuto, e rimane fedele alla sua promessa d’amore. Giovanni vede perché rimane in ascolto, non si nutre di se stesso ma della Parola di Dio e, così come indicava il profeta Isaia, attende il Messia.
L’ascolto della Parola dispone alla ricerca e chi affronta il quotidiano con questo atteggiamento si lascia sorprendere dalla vicinanza del Signore. Ora il tempo è compiuto ed è necessario convertirsi, ossia orientare lo sguardo ed il cuore. Si scandalizza chi attende le risposte da un’altra parte ed è perciò che Erodiade, così come Erode Antipa insieme a scribi e farisei, nutrono una particolare avversione nei confronti di Giovanni.
La loro menzogna viene denunciata dal Battista il quale ha riconosciuto il Messia e ciò non perché conosce teoricamente la Scrittura ma in quanto si è messo in cammino attraverso il deserto, rinunciando ad ogni sorta di autoaffermazione e finanche al suo modo di intendere l’azione messianica di Gesù quale giustiziere che avrebbe visibilmente scardinato i potenti. Giovanni, infatti, entra nel dubbio quando vede Gesù in fila con i peccatori e, ancora, quando si ritrova in carcere prossimo ad essere ucciso per l’annuncio del bene. Il precursore dovrà abbandonare ogni precomprensione, e lasciarsi guidare dal Maestro che segue.
Con questa postura, rimanendo in cammino, potrà indicare ai sui discepoli l’ “agnello di Dio che toglie il peccato del mondo”. Rivela, così, che Gesù attraversa la storia dell’umanità per farsi carico del peccato che divide il Cielo e la terra e cioè l’avere falsato il volto del Padre. Con la sua vita e con il suo morire da Figlio, manifesterà che il vero volto del Padre è la misericordia.
Giovanni non mostra se stesso secondo l’atteggiamento tipico dell’individuo egocentrico, ma rivela un Altro e, infatti, i suoi discepoli andranno da Gesù e per fugare ogni sorta di confusione preciserà che non è “degno di slegare il laccio dei sandali” al Messia. Giovanni, dunque, dichiara di non essere lo sposo che il popolo d’Israele attende e cioè il Messia che avrebbe restituito identità e donato amore alla comunità sua sposa.
Quando Gesù chiede ai discepoli di Giovanni cosa sono venuti a cercare, loro rispondono con una domanda: “dove dimori?”. Consegnano l’anelito che regge il desiderio profondo di tutta l’umanità e cioè conoscere come rimanere con Dio. È una domanda relazionale e non più la pretesa di potersi costruire un paradiso fatto da mani d’uomo, bensì è l’espressione del bisogno esistenziale di fare casa con Lui.
Il dimorare, infatti, esprime l’intimità e la fiducia reciproca e, pertanto, assistiamo come al chiedere il permesso di potersi appoggiare e ristorare nel Signore. Questo è possibile in termini di reciprocità: Cristo per accogliere e consegnarsi ha bisogno della fede del discepolo, e nel rispondere “venite e vedete” rivela il desiderio del Padre di potere accogliere nella propria casa l’umanità tutta.
Sarà questa la missione che Gesù realizzerà con la sua vita terrena e la crocifissione segnerà l’ultimo atto: penetrare la morte unito all’amore del Padre. È così che la ricerca del Cielo, per ogni essere umano, ha potuto avere compimento.