Si assiste, ai nostri giorni, a continui conflitti familiari, lotte di contesa tra chi vorrebbe il primato nell’amore e chi si sente deprivato di riconoscimento. Cortocircuiti intrafamiliari così come nelle cerchie di amici e, al contempo, all’interno di se stessi, perché la questione dell’amore pare dividere interiormente.
Come è possibile cio? Eppure sappiamo che l’amore unisce e non frammenta, genera comunione e scioglie ogni logica di competizione, allora, perchè tanta confusione?
La questione sta nella pretesa eredità e non solo di beni materiali ma pure di riconoscimenti! Il frainteso sta proprio nella mancata percezione delle proprie radici. Fino a quando le persone vorranno affondarle in un mero cammino orizzontale la loro esistenza risulterà sempre più povera perché non accetteranno che più si va avanti e maggiore sarà il consumarsi dei giorni e, dunque, l’avvicinarsi della morte intesa come perdita di tutto!
Per uscire da un simile avvitamento psicologico e spirituale l’essere umano ha bisogno di aprirsi all’accoglienza di un’altra eredità, gratuita e dettata dal desiderio di comunione proprio del Cielo. L’esperienza cristiana rivela la comunione che Dio vuole stabilire con ogni creatura: Lui per mezzo del Figlio ha unito l’umanità a sé in un rapporto di figliolanza.
Difficile la comprensione di ciò fino a quando si ragiona in termini di calcolo e di convenienza, l’amore è sempre “in perdita” ossia volto al beneficio donato all’altro. È così che l’amore si alimenta consumandosi e la crocifissione rimane il segno indelebile di tale dono. Lui è rimasto fedele nell’amore attraversando rifiuti, tradimenti e ostilità, il male altrui non ha avuto il potere di fargli cambiare direzione.
Comprendiamo, secondo questa prospettiva, il Vangelo (Mt 10, 37-42) di oggi. Gesù invita a non anteporre neppure l’amore per i propri genitori all’amore per Lui. Intende dire che il fondamento sta nel Cielo altrimenti si costruirebbe la proprie esistenza su un piano di preteso appagamento senza essere capaci di andare oltre.
Si pretenderà dagli altri perfezione e pieno riconoscimento ma la vita ci rivela come noi non siamo perfetti e neppure l’altro. Il tempo ci mostra la fragilità dei propri genitori, la loro incapacità di farcela da soli, i loro sbagli, e “l’onorare il padre e la madre” ancora viene a ricordarci che è importante dare il giusto valore, onore appunto, e non di più. Quando si idealizza o si svaluta l’altro, non gli si dà valore ma lo si percepisce in modo illusorio e lo si pretende, comunque, diverso. Nel momento della prova il legame rimarrà ferito perché non si troverà soluzione a quello che appare nella realtà.
Il Maestro chiede ai suoi discepoli di seguirlo prendendo ogni giorno ciascuno la propria croce e ciò è possibile nella misura il limite e la fatica quotidiana si affronta non da soli ma seguendo Lui. Significa lasciandosi sostenere dal Suo amore perché quella via l’ha aperta attraverso il dono di sé. Lo stesso intenderà con l’invito a prendere il Suo giogo e cioè a camminare permettendo di condividere i carichi con Lui e, dunque, percorrendo la via che mantiene la direzione verso il Cielo.
Quando la vita diventa pesante e pare schiacciarci, piuttosto, stiamo attraversando la storia nella solitudine credendo di potercela fare da soli e, comunque, prendendo vie illusorie che puntualmente ci danno un vissuto fallimentare.
La forza cristiana, allora, sta nella capacità di accoglienza e questa, in primo luogo, va rivolta al dono di Dio ed è inevitabile che ne scaturisca prossimità e cura verso i piccoli di questo mondo. Gesù si identificherà persino in chi donerà un bicchiere d’acqua fresca secondo questo spirito di comunione, nulla andrà perduto del Bene che ciascuno avrà condiviso.
Proprio oggi un fratello e amico, don Baldassare Meli, lascia il cammino terreno entrando a pieno titolo nel Cielo. Lui ha servito Cristo con questo spirito di comunione e di accoglienza, lo ricordiamo dapprima a Palermo nel territorio di Ballarò dove si è preso cura dei piccoli rischiando la vita per difenderne la dignità e i diritti. In seguito abbiamo condiviso anni preziosi a Castelvetrano dove era il nostro parroco. Lì, nella prova, abbiamo colto come pienamente poggiato in Dio è rimasto testimone della Sua misericordia mantenendo la direzione del cammino continuando a consumarsi per la causa dell’Amore. La sua testimonianza ha contribuito a rendere feconde le nostre vite.