Quando non riesci a scorgere l’orizzonte, quando il dubbio vorrebbe avere campo libero per questionare il senso di quel che si sta facendo, ecco che hai la possibilità di verificare in chi davvero riponi la tua custodia.
Ci sono ostacoli lungo il sentiero della vita, tempi di particolare prova e di grande debolezza, giornate in cui mancano le garanzie e ci si può solo affidare. È in quei giorni che abbiamo bisogno di fiducia e di trovare sicurezza oltre noi stessi.
Certo per molti l’esistenza è una questione di potere, di appoggi e di misure difensive, ma per quanto si possa essere precisi calcolatori accade a tutti, prima o poi, di scontrarsi con la fragilità del vivere.
La pagina delle tentazioni (Mt 4, 1-11) a principio della quaresima costituisce una premessa chiara per focalizzare la direzione del cammino. Senza confronto con il limite umano non ci sarebbe crescita e la vita si ridurrebbe ad una incessante finzione. Camminare è possibile solo se si riconosce il confine, ciò però non è sufficiente perchè la qualità del cammino è data dal riconoscersi figli del Padre! Altrimenti le tappe della vita sarebbero percepite come luoghi in cui riscattarsi attraverso l’autoaffermazione e, dunque, la prevaricazione sugli altri.
Anche Dio si mette in cammino, accettando la misura del limite per mostrare che la fedeltà nell’amore è possibile in ogni condizione, anche in quella più ferita. Con la nascita di Gesù il Cielo si apre ad un dialogo rinnovato con la creatura: nel battesimo Lui viene indicato come il Figlio in cui sta la compassione del Padre e, subito dopo, viene condotto nel deserto per affrontare la prova.
L’obiettivo, chiaramente, non è la prova in sé ma il rimanere nella relazione con il Padre quando la fame, dovuta ai quaranta giorni di digiuno, pare prendere il sopravvento.
Sappiamo come il digiuno possa rivelare il bisogno di una relazione verticale non trovando in altri nutrimenti la vera soddisfazione. Chi digiuna fa spazio dentro di sé per viere questa intimità ma, al contempo, è più vulnerabile e dunque bisognoso di un sostegno che possa sorreggerlo.
In questo scenario Gesù viene tentato con una triplice seduzione: nutrirsi da sé, violare il valore della storia quotidiana e, infine, esercitare potere per sottomettere tutti.
La seduzione, dunque, è una via alternativa e cioè un suggerimento aleatorio volto a facilitare l’esistenza come una scorciatoia fatta a propria misura ma, certo, non da figli.
Lasciarsi ammaliare è proprio dell’uomo facilmente suggestionabile e cade in queste trame chi non vuole pagare un prezzo personale e cerca di salvarsi da sé, non perdendo nulla di quel che ha e che potrebbe ottenere. Si tratta dell’individuo avido che cerca di appropriarsi di tutto nella indifferenza più assoluta, avaro e perciò trincerato in logiche competitive e di inimicizia.
Tutto ciò è propinato in modo suadente e senza scabrosità, si pensi alla prima tentazione: «Se tu sei Figlio di Dio, di’ che queste pietre diventino pane». Appare come un mero suggerimento eppure è una grave violenza in quanto viene messa in discussione l’identità altrui e viene richiesto di accettare la sfida di dimostrare il contrario. Quando il rapporto di figliolanza abbisogna di essere dimostrato allora è venuta meno la fiducia, non c’è più libertà d’essere ma frivola competizione.
Ancora più insidiosa è la richiesta di trasformare le pietre in pane, come a trasgredire la natura pur di averne un tornaconto. È la logica che ha portato a ferire il creato con un inquinamento esorbitante e puntualmente giustificato per difendere i propri interessi. La parola di Gesù è volta a guarire ed insegnare, a fare conoscere il volto del Padre suo e non per nutrirsi e cioè badare alla propria sussistenza.
Gesù, piuttosto, un giorno sfamerà i cinquemila e quell’azione sarà frutto della relazione che ha con il Padre e della compassione che Lui proverà per le folle affamate. Farà tutto ciò non per nutrire se stesso ma sfamare altri.
La seconda tentazione consiste nel suggerire a Gesù di buttarsi giù dal pinnacolo del tempio certo che il Padre avrebbe inviato i suoi angeli a sorreggerlo. È astuto il tentatore in quanto utilizza la verità biblica, perchè è vero che Dio sorregge i suoi figli ma facendo quel che dice il tentarore manipolerebbe l’immagine messianica ponendola sul piano sensazionale e suggestivo. Gesù, acconsentendo ad essa, non avrebbe dovuto attraversare la sua storia incontrando quotidianamente innumerevoli bisognosi per guarirli e avrebbe solo dovuto dimostrare la sua grandezza. Sappiamo, piuttosto, che questa sarà manifestata dall’alto della Croce.
La terza tentazione è altamente ammaliante, lo sguardo per un istante è posto su tutti i regni e viene offerto il dono di essi ma a condizione di prostrarsi per adorare il tentatore in persona.
La visione di un momento dice che è una scena passeggera, quel potere e i suoi regni sono perituri e un giorno finiranno. Si sottomette al tentatore chi vive per i possessi ed il potere relativo ad essi, è la schiavitù propria di chi perde la relazione con il Padre e rimane vittima dei suoi stessi idoli. L’idolo prima promette felicità e poi lega terribilmente a sé impedendo qualsiasi tipo di ribellione. È quel che accade a chi gioca d’azzardo finendo con il strutturare una vera dipendenza, a chi vive per il lavoro dimenticando i tempi da dedicare alla cura dei legami familiari, a chi ha accettato corruzione e compromessi senza limite pur di fare carrirera o affiliarsi a qualche famiglia malavitosa.
Il tempo quaresimale, dunque, non fa sconti e richiede il cammino e la spoliazione quotidiana da tutto ciò che farebbe fuggire dalla propria storia: è negli ordinari luoghi di vita che si prepara la pasqua.