Avete mai osservato la tenacia dei bambini nel volere perseguire una meta? Prendere un barattolo di leccornie o un giocattolo che è stato negato, sovente diventa una lotta senza tregua estenuante per sé e per quanti, adulti, cercano di resistere. In taluni casi si attende solo che crolli per la stanchezza, o il piccolo o il genitore!
A principio l’affermazione di sé passa per la contrapposizione all’altro, solo dopo tempo ed esperienze si scopre che per esserci è necessario legarsi agli altri. Adamo sperimenta che non può autodeterminarsi, la sua illusione di potere “essere come Dio” si traforma in bisogno di nascondimento, ripiegamento su se stesso, e paura di fronte al Creatore. La contrapposizione, cioè, diventa vergogna di sé, quel che gli serviva per affermarsi ora si trasforma in fragilità a motivo della propria nudità.
Che cosa è successo? Perchè la propria nudità è motivo di nascondimento? Il punto è che simile proposta di grandezza ci rende uomini soli e la solitudine fa paura perchè disumanizza. Percepirsi slegati è il grande male del nostro secolo, condomini ridotti ad alveari urbani e piazze trasfromate in hotspot con wifi gratuito sono solo un esempio della pianificazione in cui l’ambiente ha preteso proteggere l’essere umano rendendolo un consumatore senz’anima.
L’individuo, eliminato il confronto, cerca di nutrire il delirio onnipotente ma, ben presto, si sente sempre più vuoto perchè manca di qualcosa di prezioso: il tu. E non si tratta dell’altro da possedere o compiacere ma della relazione che permette uno scambio dei vissuti e un reciproco riconoscimento.
Ridotto a se stesso, l’individuo rimane schiacciato nell’autocontemplazione e, questa, cristallizza rendendo rigidi e sterili.
La questione del vestito da indossare fa parte di questo percorso, in quanto tessere una facciata serve ad attrarre, ad esibirsi per essere accettati e applauditi. Così facendo l’uomo fa dipendere il proprio valore dalla veste che indossa, si consegna, cioè, al processo di esteriorizzazione ed al personaggio da assumere in base alla richiesta di turno. Dalla sua capacità di acquisti dipenderà il livello di partecipazione sociale, il sentirsi accolto e apprezzato.
Mi imbatto settimanalmente in sempre nuovi casi di depressione che alla base hanno la perdita di investimento sociale motivata dalla mancata disponibilità economica. La risultante di questo sistema è sintetizzabile nell’assioma: “se non compri non vali!”.
Comprendiamo, allora, come l’individuo finisce per essere equiparato alla merce divenendo, cioè, parte di un mercato in cui è oggetto di scambio. Molte indagini di mercato, infatti, sono dirette da questa prospettiva in cui in base agli stili di vita vengono indotti nuovi bisogni.
Tessere una veste, oggi, diventa seguire una moda sociale precisi consumi e pratiche da seguire per continuare a coprire la propria “nudità” e fragilità di fondo.
Non si tratta di una copertura per pudore, anzi potremmo dire l’opposto e cioè che sovente il processo di esteriorizzazione della propria intimità è un modo per nascondersi ed apparire adeguati. Come nel caso dei rapporti occasionali o delle conversazioni telefoniche su aspetti molto intimi esternati nel bel mezzo di una fermata metropolitana con attorno decine di persone che ascoltano i dettagli di quel che viene detto ad alta voce.
Quando tutto questo fallisce, è allora che si apre una possibilità nuova di cercare una relazione che si fondi sul primato dell’altro, del suo sguardo verso di sé. Solo allora l’essere umano si permette di aprirsi allo sguardo di Dio per discernere se davvero, così come aveva suggerito il tentatore, il Suo sguardo è di giudizio o meno.
Dalla resa che segue il fallimento l’individuo può finalmente aprirsi ad una relazione autentica verso il Creatore. Partito dalla pretesa narcisistica, passato per la mancanza che viene dalla esperienza di nudità, l’essere umano arriva alla resa ed è lì che può nuovamente aprirsi allo sguardo di Dio. Da quel momento inizia la risalita.