Il silenzio di una notte, una lunga notte iniziata con il venerdì santo e proseguita per tutto il sabato ecco che viene dissolto con la Luce che apre la veglia di un nuovo giorno. È la luce di Cristo risorto a fare ingresso nelle assemblee liturgiche, quest’anno, riunite nelle proprie case e partecipi attraverso un monitor. Ora ogni cosa è chiamata ad assumere un senso nuovo perchè senza Luce non siamo capaci di vedere e riconoscere, dunque, la realtà delle cose.
Certo, siamo giunti a questo nuovo giorno dopo un cammino quaresimale intenso e di particolare prova. Molti hanno rischiato di dare i numeri ed è pertanto che abbiamo cercato di condividere con delle brevi riflessioni quotidiane un alfabeto di umanità, parole e non cifre, giusto per dare senso e contenere quel che stiamo attraversando.
L’umanità ha bisogno di riappropriarsi delle parole che aveva smarrito, e la Pasqua è la parola centrale che può dare senso a tutte le altre. Quel “giorno primo”, così come lo indica il Vangelo, rimanda al primo giorno della creazione quando fu la luce. È di una nuova creazione che si tratta e la vita di Gesù diventa la luce inedita per l’esistenza di ciascuno fino a cambiare perfino il senso della morte.
Il segno di quel mattino fu una tomba vuota e le lenzuola, in cui era avvolto Gesù, afflosciate come se il corpo si fosse dissolto. La pietra è fatta rotolare via per favorire l’accesso e rendere visibile il segno, ma è necessario deporre le aspettative per coglierne il senso. Maria di Magdala ne ha timore, lei che ha amato il Signore e avrebbe voluto almeno ungerne il corpo come segno di gratitudine e di riconoscimento della regalità rimane affranta, chiede dove è stato posto il corpo del Maestro perchè vorrebbe riprenderlo come a cercare di tenere almeno un ricordo del Signore da cui si era sentita così tanto amata.
L’amore sana e libera e la morte ignominiosa di Gesù non aveva fatto venire meno la gratitudine per Lui. Poco dopo, avendolo riconosciuto dalla voce, il Risorto la inviterà a non tratternerlo ma a mettersi in cammino insieme agli altri discepoli verso la Galilea dove lo avrebbero incontrato nuovamente.
Anche Pietro e Giovanni si recano al sepolcro entrambi vedono il segno della tomba vuota, Giovanni “vide e credette” come ad esprimere una fede che va oltre ogni possibile comprensione, ma entrambi dovranno incontrare il Risorto per credere pienamente.
È giunto il momento di aprirsi ad una conoscenza nuova che scaturisce dalla relazione filiale smettendola di pretendere la spiegazione di ogni cosa. Fino a quando l’umanità cercherà di padroneggiare la conoscenza di Dio riducendola al proprio raziocinio, la religione rimarrà una mera proiezione delle aspettative umane creando perfette idealizzazioni di un dio molto distante. O, ancora, produrrà un bisogno di riscatto tale da trasformare la fede in una continua autoaffermazione dell’essere umano che vuole dimostrare la propria grandezza in cielo così come in terra.
È possibile entrare nel mistero pasquale solo per immersione così come nelle giornate estive ci si tuffa dalle imbarcazioni per esplorare i fondali marini. Non si può rimanere spettatori ma è necessario contaminarsi, lasciarsi portare, pagare il prezzo dello smascheramento perchè senza ammettere la propria fragilità non potrebbe esserci spazio per un Dio che si è reso inerme per consegnarsi al genere umano.
È perciò che Gesù dirà ai suoi di incontrarlo in Galilea. Il luogo della quotidianità da cui venivano, dove era avvenuto per molti il primo incontro e dove erano chiamati a tornare ma con uno sguardo nuovo. L’esperienza pasquale la custodiamo nel cuore e questa Luce interiore ci permette di riscoprire ogni cosa cosa in modo originale.
Il Risorto apparirà con il segno della ferita nel corpo trasfigurato ed è un indizio prezioso in quanto rivela la portata dell’amore di Dio. Non si tratta di una prova di sforzo, un dimostrare quanto ha resistito al dolore, ma una epifania dell’amore che resiste ad ogni possibile oltraggio fino ad attraversare pure la morte per sanare le ferite dell’amato.
Dio si è immerso totalmente nell’umanità affinché ciascuno potesse pienamente immergersi nella Sua divinità e riconoscersi figlio amato! Da allora ogni cosa è cambiata e chi l’accoglie diventa capace di restituire dignità ad ogni relazione o evento, attraverso l’amore. È per questo che il quotidiano è diventato, per ogni cristiano, il santuario in cui proseguire la liturgia della comunione, luogo in cui accogliere, offrire e restituire una umanità riconciliata con il Cielo.