Da ciascuno dipende se gustare la vita o attraversarla stando in una continua ansia da prestazione, immerso nella frenesia del fare per dimostrare di essere qualcuno. Accade, pure, di rifiutare gli inviti, quelli assai preziosi, come ad esempio una festa nuziale. La festa che esprime il legame e la fiducia reciproca, la gioia del condividere del proprio.
È la differenza tra chi trascorre la serata a bere da solo e chi brinda insieme agli amici: il primo con molta probabilità sarà un alcoldipendente, invece, il secondo sarà un uomo capace di fare festa con gli amici. Il bene, dunque, è connotato dalla comunione e dalla solidarietà, diversamente il male si scrive secondo le coordinate dell’egoismo e dell’avidità.
Tanta gente rimane indifferente di fronte al bene e si lascia convincere che il nutrimento e il senso della propria esistenza sta in una continua trama di arrivismi e di successo e, in modo proiettivo, rimane diffidente davanti al dono gratuito o alla gentilezza disinteressata. È il pregiudizio di chi guarda il quotidiano partendo dal proprio buio interiore e, per questo, è sempre più avaro.
Dal punto di vista di Dio, l’invito alla festa è un condividere la sua gioia e la sua vita, una proposta di comunione e, dunque, di felicità perchè la comunione del Padre è l’amore senza misura: Lui si fa dono totale per chi lo accoglie.
Dal punto di vista dell’uomo possono esserci altri interessi che, illusoriamente, promettono grandi ricompense. In realtà, ammettiamo, il dono dal Cielo non permette accumulo, così come la manna che non poteva conservarsi, è piuttosto un nutrimento che diventa relazione fiduciosa, attesa nel quotidiano, consapevolezza che non si è soli nel cammino della vita.
Gli invitati alle nozze descritti nella parabola del Vangelo di oggi (Mt 22, 1-14) pretendono di non avere bisogno, il campo e gli affari per loro sono la cosa più preziosa, non accolgono l’invito perchè dovrebbero partecipare ad un dono gratuito che non è frutto della loro conquista e non intendono aprirsi alla gratitudine. Entrare alla festa significa condividere la gioia di un altro, ma chi vive per se stesso non ha alcun interesse ad aprirsi alla festa nuziale.
Il banchetto, però, è già pronto e dunque il re non si scoraggia così come il Padre che continua a cercare i suoi figli. Manda a chiamare nuovi invitati perfino ai crocicchi delle strade e cioè oltre il confine nei luoghi di periferia dove, ordinariamente, si pensa non possa esserci nulla di buono.
Pare che l’ultima enciclica “Fratelli tutti” si muova proprio secondo tali coordinate: un respiro del cuore che va oltre i confini del calcolo e della giustizia umana.
Eppure l’esperienza di fraternità è possibile solo se si accoglie l’invito. Infatti al termine della parabola emerge una esclusione, è uno che partecipa alla festa ma senza abito nuziale. Non si tratta, certo, dell’abito frutto della conquista o dei propri meriti, il Cielo non guarda secondo questa prospettiva.
L’abito interiore che solo il Padre può riconoscere è frutto del lasciarsi rigenerare dall’amore e che, di conseguenza, permette di vivere consumandosi per amore. Le opere saranno frutto di questa profonda comunione filiale, altrimenti si trasformeranno in espedienti pretestuosi per ottenere gloria e gratificazione.
Pensiamo all’abito battesimale che oggi consegniamo a due bambini di Danisinni. Non ha un prezzo il dono del Padre ed è così che sana la ferita del peccato delle origini, quando la pretesa di fare a meno di Dio ha portato i progenitori a nascondersi dallo sguardo e dal passo del Creatore. Allora l’ascolto divenne motivo di paura e la veste il tentativo di coprire la vergogna per la propria nudità. Chi riceve la veste battesimale non teme di rivelare la propria povertà e fragilità perchè conosce l’amore del Padre e come Lui si chini su chi gli si affida pienamente.
È la logica dei piccoli che hanno in Dio il loro protettore, la mentalità di chi non si lascia corrompere malgrado le tante minacce perchè Lui solo è il Signore della vita e della storia. Non c’è spazio per l’ambivalenza in chi accoglie l’invito, perchè sa che già condivide la gioia del Cielo che non ha alcun prezzo.