Inaugurare l’Emporio sociale ed il Parco ZooFattoria durante la giornata della Biodiversità per la Comunità di Danisinni ha un valore speciale. L’oasi paesaggistica offerta dallo storico rione costituisce, in sé, una proposta di sosta e riflessione per tutta la città attorno al senso della fraternità e dell’amicizia sociale. Valore che il processo comunitario ha portato avanti negli anni partendo dalla riqualificazione e dalla promozione umana del territorio.
Cura di chi abita un luogo e custodia dell’ambiente, infatti, sono intimamente connessi e dove gli ecosistemi si mantengono integri troviamo popoli evoluti e dall’animo nobile.
Favorire processi di umanizzazione è una responsabilità a cui nessuno può sottrarsi. Di fronte agli accadimenti della storia e alle sfide quotidiane, cioè, siamo tutti chiamati a dare il nostro contributo per il BENE COMUNE quale criterio etico che sta alla base della crescita umana.
Umanizzarsi, però, non equivale ad applicare formule astratte in base alla casistica prefissata e neppure orientarsi a seconda della tendenza del momento, ma significa generare relazioni capaci di rispondere alla cura dell’altro ascoltandone le istanze più profonde. Ciò è possibile solo se si esce fuori da se stessi e ci si dispone in ascolto profondo dell’altro dando spazio alla propria interiorità.
Se ai nostri giorni assistiamo ad una crescente violenza o ad un’indifferenza disumanizzante è perché lo spazio interiore è venuto meno e l’individuo si è chiuso in una ricerca spasmodica di appagamenti illudendosi, così, di potervi trovare felicità.
Senza meta verso cui tendere, il cammino umano si riduce ad una pretesa di conquista fatta di prevaricazioni per ottenere o difendere possessi. In quel caso le persone finiscono con l’essere strumentalizzate in base all’interesse di turno e l’ambiente viene ferito per lo sfruttamento privo di ogni visione sulle conseguenze procurate.
Umanizzarsi, dunque, comporta ridurre le disuguaglianze, entrare nel merito della forbice sociale che produce scarto e marginalizzazione sempre crescente. È una scelta di fondo che ha delle conseguenze necessarie come ad esempio l’abbandono delle fonti fossili. Queste, sappiamo bene, sono nella disponibilità di pochi che detengono un patrimonio capace di controllare le finanze del mondo, adottare le fonti rinnovabili significherebbe permetterne l’accesso a moltitudini e, dunque, ridurre la distanza economica tra le fasce di popolazione.
La fraternità, così come l’ha intesa Francesco d’Assisi, si regge su questo principio di riconoscimento che non è da intendersi come mera uguaglianza. Si tratta di includere tutti senza lasciare nessuno fuori e, al contempo, riconoscerne l’originalità, il volto. È per questo che la biodiversità è un concetto che appartiene alla spiritualità francescana perché si riferisce alla protezione della varietà degli organismi viventi nelle diverse forme e nei differenti ecosistemi. Uno studio che matura dall’osservazione degli insetti e della loro interazione con le piante, si parte sempre dai più piccoli per comprendere tutto l’intero sistema. Così è anche del livello di civiltà di una nazione: gli ultimi di una società rivelano il grado di umanità che si è raggiunto!
Preservare le biodiversità dagli effetti collaterali delle attività umane significa tornare all’ascolto per custodire l’altro che ci viene affidato. Sentire la responsabilità per la realtà che ci circonda è una questione fraterna perché equivale a fare spazio dentro di sé, uscendo dall’individualismo, secondo lo spirito di minorità che Francesco d’Assisi ha testimoniato nello scorso millennio.
Senza diversità verrebbero meno gli ecosistemi e, dunque, l’equilibrio di un territorio e dell’intero pianeta. La bellezza del paesaggio esteriore, ci insegna la natura, sarà frutto di ecosistemi variegati e del numero di specie ivi presenti, generando benessere crescente.
Il contadino che agisce non per mero profitto ma in armonia con la terra che gli procura da vivere, non sfrutta desertificando ma alterna le colture e rispetta l’habitat senza ferirlo con prodotti inquinanti. La salute dell’uomo dipenderà da questa basilare scelta etica dove il “consumatore” viene considerato parte di sé e non un estraneo tassello del mercato.
Francesco d’Assisi trovava la bellezza oltre le apparenze così come nel lebbroso riconosceva un fratello da accogliere. La miope ricerca estetica dei nostri giorni fa valutare le persone e i prodotti della terra in base all’aspetto formale trattato con prodotti chimici per accentuarne la colorazione e la lucidità e che, di fatto, procura tossicità mortifera.
Conosciamo quanto il cibo fin dalla nascita veicoli il rapporto con l’altro e con la realtà che sta attorno e quanto una distanza emotiva possa compromettere il nutrimento del nascituro. Allo stesso modo il formalismo crea distanza, fa perdere il gusto e il profumo di quanto ci circonda e tutto questo spegne il desiderio, appiattendo anche la convivialità in un’abbuffata priva di sapori e di relazioni.
La cultura dello scarto dunque, dai rapporti umani all’inquinamento terrestre, coinvolge la qualità della vita all’interno di una società compromettendone la sostenibilità, la felicità.
È tempo di assumersi la responsabilità dei nostri giorni, il mondo attende la personale risposta di ciascuno.