L’incontro con l’altro si gioca attraversando una linea di confine che da un lato mira al possesso in vista della propria autorealizzazione mentre, dall’altro, si apre alla condivisione di sé fino a donare la propria vita.
Per incontrare veramente, dunque, è necessario uscire dal bisogno di appagamento individualistico disponendosi all’ascolto e interessandosi a ciò che è diverso da sé.
La cultura dell’ “usa e getta” ha impoverito l’umano di visione relazionale, riducendolo a merce di scambio in vista di un sempre maggiore profitto. Ma i rapporti privi di relazione finiscono con il frammentare e svuotare l’esistenza di ciascuno procurando tristezze e solitudini esistenziali.
La relazione generativa è altra cosa, rende fecondi e apre alla gioia per e con l’altro, spegne la brama competitiva e si nutre della reciproca stima.
Quando questa mattina, dopo trent’anni, insieme alla fraternità francescana sono rientrato nella casa dove abitava don Pino Puglisi e oggi trasformata in museo della testimonianza, ho avuto come un tuffo indietro nel tempo ricordando quando, da dietro diverse pile di libri, innalzava il capo consegnando uno o più testi da leggere per meglio approfondire un argomento e così orientare chi a lui chiedeva aiuto.
La linea di confine per lui definiva a chiare lettere la distanza dal male e non esitava a sollecitare la crescita culturale per aiutare a radicarsi nel bene e, così, andare alla sorgente dell’amore permettendo a ciascuno di scoprire la propria vocazione di vita. In questo modo, con grande umiltà, il parroco di Brancaccio sosteneva la crescita di tanti dando fiducia e incoraggiando ad osare il cammino della vita.
La pagina del Vangelo (Gv 4, 5 – 41) di questa domenica si muove sulla linea di confine di un pozzo, lì si fa trovare Gesù per incontrare una donna samaritana che è ingabbiata in una continua dipendenza che opprime la sua esistenza.
Lei, simbolo di un popolo che si è prostrato a tante divinità per avere protezione, pur avendo molti mariti riconosce di non avere accanto qualcuno che la ama. Esprime l’esistenza frammentata priva dell’incontro con l’altro e rassegnata ad un continuo rapporto di facciata legato al tornaconto del momento e non al dono gratuito.
Parlandole, Gesù le rivela il volto paterno di Dio che non abbisogna di meriti per cercare la sua creatura. Lei è stupita perché non si riconosce degna neppure della parola di un israelita, ha fatto suoi i pregiudizi che la condannavano ad una marginalità priva di riconoscimento. È anche per questo che si reca al pozzo in un’ora molto assolata per non essere vista e, dunque, sentirsi giudicata.
Eppure Gesù le chiede di aiutarlo a dissetarsi ma, oltre il piano apparente, il suo desiderio è realizzare la volontà del Padre permettere a ciascuno di riconoscersi figlio di Dio.
La sete esprime un bisogno primario, essenziale per l’esistenza e, in questo dialogo, viene intrecciato con la sete dell’altro, d’amore e di senso, che si nutre e matura attraverso il dialogo e la reciproca accoglienza.
I monologhi dettati dalle strutture di potere, e non solo da quello mafioso, invece rivelano la pretesa di occupare tutto lo spazio con la propria parola, senza pause di silenzio o di attesa dell’altro, è l’imperativo che pretende di tenere in pugno la vita altrui, fino a deciderne la morte!
Don Pino Puglisi, così come il Maestro, aprendosi al dialogo privo di pregiudizio, ha permesso a molti di ascoltare e manifestare la propria sete, ben più profonda di una cisterna da cui attingere acqua per sopravvivere. Dunque si è mosso verso l’altro compromettendosi, e questo itinerario ha generato affezione, interesse per la sorte altrui, cioè si è lasciato toccare dalle afflizioni e si è messo in gioco consumandosi per amore sino alla fine.
Tanti hanno lasciato il loro appoggio di un tempo, così come la brocca della samaritana, e si sono scoperti liberi dalla sottomissione al protettore di turno, e hanno iniziato a sperimentare la loro esistenza come un dono fecondo, capace di continuare a spendersi e non solo per la terra di Sicilia.
Torna alla mente una citazione del caro don Pino Puglisi che rivela un programma di vita affidato alla responsabilità di ogni cristiano: “ Ognuno di noi sente dentro di sé una inclinazione, un carisma. Un progetto che rende ogni uomo unico e irripetibile. Questa chiamata, questa vocazione è il segno dello Spirito Santo in noi. Solo ascoltare questa voce può dare senso alla nostra vita”.