Uscire dal pensiero lineare e dalla ricerca di una logica causale, è necessario per fare esperienza profondamente umana. Sì perché ogni persona, per quanto la scienza vorrebbe dimostrare il contrario, rimane mistero ed è del tutto incomprensibile fino a quando non ci si apre all’esperienza relazionale con il Cielo. Anche il dolore così come la morte rimarrebbero del tutto inaccettabili se non ci fosse una meta, un senso che regge tutte le cose.
La Scrittura ci consegna ad una comprensione differente della storia, dell’unicità di ognuno, e del cammino dell’umanità che viene visitata dalla presenza di Dio. La pagina del Vangelo di questa domenica (Gv 1, 1-18) è una sintesi di prospettiva e rivela quale è la profonda comunione a cui tutti si è chiamati. Per accoglierla è necessario riconoscere che la vita è sorprendente e l’esperienza che ci è data supera ogni prevedibile aspettativa.
La Parola si è fatta carne, si è attendata nella esistenza personale. Il messaggio comunicato è dirompente perché viene a sovvertire ogni sorta di comprensione religiosa rivolta ad un Dio distante e giudicante. Lui si fa prossimo e si consegna nella fattezza debole di un essere umano. C’è un’intimità che fin da subito il mistero del Natale svela a quanti si mettono in cammino per accogliere.
Senza cammino non c’è accoglienza e senza ascolto non c’è esperienza. Abbandonare i pregiudizi e le posizioni di stallo è la conditio sine qua non per lasciarsi raggiungere dall’altro e arrivare all’incontro. L’incarnazione non racconta di un rapporto formale, di un appuntamento occasionale così come potrebbe essere una festa annuale, piuttosto rivela il desiderio di Dio che ama profondamente fino a mettersi totalmente in gioco per arrivare a condividere la propria vita con ogni creatura. Il Suo “attendarsi” esprime il compromettersi con la vicenda umana senza riserve: si lascerà rifiutare e perseguitare, infante sarà costretto a rifugiarsi in terra straniera e una volta adulto subirà il giudizio altrui per il bene commesso. La Sua parola diverrà motivo di condanna e dileggio fino alla crocifissione. La storia umana con le sue fragilità diventa in modo inedito storia di Dio ma è l’amore a dare senso a questa relazione e la pienezza di questa esperienza sarà data proprio dalla risposta umana.
Francesco d’Assisi gridava “l’amore non è amato”, riferendosi alla preziosa reciprocità che ci viene offerta dal Signore. Quando l’individuo cerca appagamento fuori da questa relazione finisce con lo smarrire la vita e non trovare pienezza dentro di sé. Piuttosto la storia viene scritta dall’amore gratuito ed entrando in questa esperienza ogni essere umano diventa capace di gratitudine e dono.
Non sono le sventure a raccontare l’esistenza umana e neppure i successi in termini di affermazione di sé, piuttosto è la storia d’amore condivisa nel quotidiano con Dio e con il prossimo a rivelare la bellezza della vita. Storie del tutto originali, frutto della comunione con il Cielo, si caratterizzano per avere arricchito la nostra terra, perché tutto diventa riflesso del dono che viene dall’alto.
Accogliere la Parola, dunque, diventa esperienza di luce per leggere gli eventi e riconoscere la bellezza che è propria di Dio in mezzo a noi. La verità, la giustizia, l’amore, vengono ad intrecciarsi sotto un’unica luce perché altrimenti si cadrebbe in una lettura parziale ed incomprensibile, la verità senza amore diverrebbe menzogna e la giustizia un mero giustizialismo privo di carità.
Comprendiamo allora l’espressione “Noi abbiamo contemplato la sua gloria”, riferita al bambino che giace nella mangiatoia e all’uomo crocifisso a compimento dei suoi giorni. Non ci sarebbe nessuna gloria leggendo i fatti come meri accadimenti di un individuo che magari non è riuscito a realizzarsi. Sarebbe follia la vita di Gesù senza la relazione con il Padre.
Ha contemplato chi è andato oltre le apparenze e si è lasciato toccare dalla logica di Dio che si china sui piccoli e dona loro ricompensa. Chi si è lasciato destabilizzare rinunciando alle brame di potere per diventare discepolo del Maestro. Ha contemplato la gloria il peccatore che si è lasciato guarire dall’amore misericordioso, il malato che a Lui si è affidato. Ha contemplato chi ha scoperto che la gloria sta nell’amore, nel dono gratuito, nella gioia per il bene altrui, nel perdono che è esperienza del Cielo.