Il genocidio causato dalla pandemia che sta attraversando il mondo dall’India al Brasile o la detonazione che ha prodotto un muro d’aria compressa devastando Beirut con l’efficacia di un ordigno nucleare, sono solo alcuni tratti di una quotidianità che ci interpella impetuosamente chiedendoci scelte di campo e decisioni sull’orizzonte di senso per il quale vogliamo spenderci concretamente.
Continuamente la storia ci domanda se accettare da spettatori subendo quel che accade o assumerci la responsabilità del cambiamento così come è possibile per ciascuno. Attesa e discernimento, riflessione e azione, sono indispensabili per partecipare ad un’opera di riconversione necessaria in cui emerga una nuova umanità capace di cura, di accoglienza e di rispetto, di onestà e di condivisione. Eppure, sovente, ci sperimentiamo fragili e impotenti per fronteggiare tanta deriva disumanizzante. Che fare dunque?
La Parola di Dio di questa domenica ci mostra come in momenti simili nasce l’occasione per approfondire il rapporto con il Cielo e con se stessi, decontaminando la percezione delle cose da rassegnati pessimismi o svalutazioni delle questioni. Dubbio e solitudine generano un connubio unico in ogni essere umano, lì nasce la riflessione e la possibilità di evolversi o, al contrario, si creano fantasmi e paure che bloccano il cammino.
Dapprima è il profeta Elia (1Re 19, 9 – 13) a ritrovarsi in una condizione critica, lui è perseguitato per il bene che annuncia e, di conseguenza, il male che denuncia. Prima ha sperimentato la prorompente forza di Dio, come Lui si è servito del profeta, mentre ora si percepisce inerme e, impaurito e finisce col rifugiarsi in una caverna.
È allora che fa un’inedita esperienza di Dio: non nel vento impetuoso e neppure nel terremoto o nel fuoco, piuttosto lo scorge in un mormorio di vento leggero! Elia comprende che la presenza del Signore non corrisponde all’idea grandiosa e onnipotente che aveva immaginato, ora gli è chiara la delicatezza dell’agire di Dio, il Suo parlare a chi rimane attento nell’ascolto seppure apparentemente indifeso.
Il Vangelo arriva ad approfondire questa relazione, Pietro e i discepoli avevano assistito alla condivisione dei pani per i cinquemila ed erano stati coinvolti in una richiesta inaudita: “date voi stessi da mangiare”. Anche in quel caso, potevano cadere nel frainteso di avere un potere senza limite e, pertanto, avevano bisogno di approfondire il senso di quelle parole per trovare il coraggio di consumarsi senza nulla tenere per sé.
I discepoli, dunque, sono invitati a compiere la loro traversata, di notte sul lago in tempesta. È una impresa temibile e rimarrà incomprensibile a loro fino a quando si penseranno garantiti da un Cielo che li rende forti secondo la logica di questo mondo. Allo stesso modo la moltiplicazione dei pani poteva diventare una sorta di plateale manifestazione di potere, resi capaci di sfamare le folle avrebbero potuto ergersi al di sopra di tutti.
Simile logica di strumentalizzazione dell’umano non deve appartenere alla Chiesa di Dio che, come quella barca, è chiamata ad attraversare la tempesta nella notte fidandosi che il Signore provvederà ai suoi.
I discepoli sono atterriti, hanno timore di perdere tutto e quando il Signore va loro incontro, camminando sulle acque, hanno paura scambiandolo per un fantasma perchè è inconciliabile la presenza di Dio con quello che stanno vivendo. Ancora oggi la prova scandalizza e viene interpretata, da molti, come assenza del Signore. Eppure Lui è lì e li invita a non temere e ad avere fede.
Camminare sulle acque è segno della vittoria su ogni male, Pietro ci prova ma quando distoglierà lo sguardo dal Maestro ecco che andrà a fondo e sarà denunciata la sua mancanza di fede. Ecco il grande insegnamento: la relazione di fede va custodita nell’ora della prova perchè è tale legame d’amore che ci permetterà di andare oltre!
Dunque i discepoli affrontano due questioni nodali per la fede di ogni tempo: da un lato la resistenza all’agire di Dio in quanto incapaci, perchè con pochi pani e due pesci non è possibile sfamare tanta gente così come non è possibile attraversare il lago di sera perchè luogo di tempeste improvvise; dall’altro l’autocelebrazione e il delirio nel credersi onnipotenti di fronte alle vicende della vita.
I nostri giorni continuano ad interpellarci e a ciascuno è dato di mantenere la direzione per passare all’altra riva. L’individualismo, però, non permette la traversata in quanto appesantisce d’ogni cosa e per andare avanti è necessario avere un solo tesoro e su di Lui mantenere fisso lo sguardo.