Ai nostri giorni si assiste a un proliferare di gruppi a conduzione settaria guidati da leader che soggiogano gli adepti fino ad una totale passivizzazione. Ciò è anche frutto di una meticolosa operazione finanziaria e, di conseguenza, politica volta a destrutturare le coscienze e, in nome di una emancipazione libertaria, a privare di riferimenti valoriali e visioni progettuali.
L’indipendenza individuale è stata intesa come occasionalità del vivere e cioè fragilità dei legami e delle scelte, come se l’individuo potesse simultaneamente riassumere molteplici direzioni di vita. Ne è scaturita una grande frammentazione interiore, storie ad intermittenza continuamente ferite a motivo della discontinuità nei rapporti e nelle scelte, e tutto è diventato relativo e cangiante.
Si è persa, dunque, l’arte del discernimento così come si intende nella vita spirituale e cioè la capacità di distinguere il bene dal male, ciò che nutre da ciò che impoverisce. Il sintomo più evidente di ciò, è dato dall’insicurezza del vivere e dal continuo crescendo di violenza.
Sostenere il confronto con la diversità, ammettere la dialettica al fine di un completamento senza arroccarsi in rigide posizioni, sapere imparare dai fallimenti, riconciliarsi fino a perdonare, è una capacità propria di chi fa discernimento spirituale e cioè di chi rimane nel cammino della vita riconoscendo che non si hanno già tutte le risposte o le soluzioni a quel che accade, ma è necessario rimanere in ascolto della Parola per leggere la realtà e agire di conseguenza.
Sappiamo quanto questa fragilità esistenziale si registri anche all’interno della Comunità cristiana perchè, sempre meno, le guide spirituali hanno trasmesso l’arte del discernimento. Molti hanno preferito costruire rapporti di dipendenza senza favorire la capacità di autonomia e di adultità nel discernere il bene da fare e il male da evitare.
Maturità spirituale, a scanso di equivoci, non significa autoreferenzialità ma accoglienza della luce dello Spirito, ascolto della Parola che illumina il cammino e che permette di decifrare i segni dei tempi. Il cristiano rimane protagonista della sua storia perchè entra negli accadimenti quotidiani operando delle scelte consone alla propria direzione di vita e, dunque, rimane capace di influenzare la storia attraverso la propria fattiva espressione.
Comprendiamo, allora, come l’esistenza personale rimane sempre risposta ad una chiamata e cioè frutto di un dialogo attraverso il quale si accoglie il dono della vita e della missione personale. Quando ci si appropria del dono e si perde il legame con la fonte, l’esistenza si corrompe e si rimane trincerati alle cose di ieri senza più trovare il dono di oggi.
Salomone (1Re 3, 7-12) chiede il discernimento e cioè comprende che per governare il popolo di Dio è necessario rimanere in ascolto e così avere capacità di giudizio, cioè andare oltre le apparenze di un momento e vivere l’attesa che permette di svelare il senso nascosto. Come il fuoco del fonditore che porta alla luce il metallo prezioso, così il discernimento permette di rivelare l’autenticità delle cose distinguendo ciò che è ingannevole.
L’attrazione per una direzione piuttosto che per un’altra, non può procedere seguendo le apparenze ed è sempre necessario cogliere ciò che procurerà una determinata scelta, altrimenti il quotidiano sarebbe ritmato da continui “agiti” pericolosi per l’incolumità della persona. Il discernimento, allora, dà senso alle negazioni o alle attese e, così, orienta la crescita spirituale e la custodia del desiderio autentico. La stessa fede è desiderio e cioè tensione verso la meta, percezione della distanza e senso dell’attesa. Ciò muove la vita del cristiano rendendolo operatore di pace e di giustizia in questo mondo, testimone a partire da quello che cerca e attende.
Le parabole di questa domenica (Mt 13, 44 – 52) mostrano il valore di questa ricerca, non è possibile dare valore a tutto ma ogni cosa trova valore in funzione del tesoro per cui vale la pena spendersi. Il campo è prezioso perchè porta con sé il tesoro del Regno ed è per quello che bisogna lottare. Il cristianesimo non è attivismo sociale o mera filantropia così come potrebbe essere inteso in certi gruppi massonici, l’annuncio del Regno ha delle ricadute sociali ma la testimonianza cristiana continua a diffondersi sebbene nel campo rimane la zizzania o, nella rete, i pesci cattivi. Non è il campo o la quantità di pesci a dare valore al tesoro ed è necessario che ciascuno abbandoni tutti gli altri beni che, altrimenti, regnerebbero nel proprio cuore impedendo la sequela propria del discepolo.
L’incontro con Cristo mostra tale ricchezza e, allora, tutto quello che si possiede può diventare funzionale a custodire la comunione con Lui, così come dell’uomo che vende ogni suo avere per acquistare il campo in cui sta il tesoro scoperto per caso o come del mercante che, dopo avere cercato, trova la perla preziosa. Se le altre cose costituissero un bene altrettanto necessario allora non ci sarebbe desiderio e verrebbe meno il coraggio di rischiare tutto per l’unico Signore.
Tale spoliazione deve caratterizzare tutta l’esistenza del cristiano in quanto l’approfondimento verso la meta comporta un lasciare sempre nuovo per crescere nella essenzialità del cammino. Sia chi si imbatte nel tesoro stando nel lavoro quotidiano e sia chi lo cerca con un impegno specifico, ciascuno abbisogna di questa docilità nell’ascolto per riconoscere e lasciare. La gioia che ne scaturisce è la felicità propria di chi ha trovato tutto ed è colmo di gratitudine.
L’ultima parabola della rete che tira ogni sorta di pesce dopo essere stata gettata, mostra quanto sia fondamentale lasciarsi catturare e nutrire dalla rete della Parola. Tale nutrimento rende “buoni” perchè ciò di cui ci si nutre trasforma, e il tesoro va custodito non in termini di possesso ma di comunione. Non si tratta della ricchezza altezzosa di chi si erge al di sopra degli altri manifestando il suo preteso potere ma dell’umile capacità di chi si consuma per amore lasciando perdere tutto ciò che non appartiene alla comunione.
Si parte da una inversione di tendenza: lasciarsi tirare dalla rete equivale a perdere la garanzia di vita data dal mare, apparentemente ciò conduce alla morte ma di fatto apre ad una vita nuova. È ciò che viene chiesto ad ogni cristiano, per seguire il Maestro è necessario rinunciare agli appoggi di turno e rimanere in cammino.