Tutti dipendiamo dal una “stella” da cui lasciarsi orientare e accompagnare nel cammino quotidiano.
C’è chi organizza la propria vita su una linea di rammendi come se ci si dovesse giustificare attraverso un gran da fare capace di legittimare il proprio esserci.
C’è chi rimane attento agli sguardi altrui in attesa di un giudizio positivo da potere esibire alla propria coscienza.
Ancora, c’è chi investe energie e tempo per ergersi al di sopra degli altri e per affermare la propria autorità e, così, darsi valore.
C’è, poi, chi si arrende ed inizia a relazionarsi con il Cielo accogliendo la Luce che è venuta ad abitare in questo mondo, la luce che interiormente ospitata permette di guardare la realtà circostante con gli occhi del cuore come dice san Paolo (Ef 1, 18).
Troppo spesso l’umanità vive di luce riflessa, come quando i riflettori sono puntati sull’immagine in posa prima dello scatto di una foto o come quando ci si accosta a personaggi o a cerchie di persone fiduciosi che la vicinanza possa trasmigrare parte del loro successo e notorietà.
In realtà senza la luce che illumina gli occhi del cuore, la storia personale e umana si risolverebbe in una lettura triste, densa di ingiustizie sociali, guerre e fallimenti. Non avrebbe avuto senso la vita di uomini come Pietro Scaglione, Giuseppe Russo, Cesare Terranova, Piersanti Mattarella, Emanuele Basile, Peppino Impastato, Mauro Rostagno, Rocco Dicillo, Giovanni Falcone, Emanuela Loi, Paolo Borsellino o Pino Puglisi, giusto per citarne alcuni. Così come non avrebbe avuto significato la storia di Gesù di Nazaret, uomo rifiutato e perseguitato fin dalla nascita e, alla fine, crocifisso per il Bene che annunciava e operava.
Pensiamo, ancora, alle tante ingiustizie dei nostri giorni: al caporalato e agli operai malpagati e non garantiti nella sicurezza lavorativa o a quanti pagano il prezzo delle logiche economiche internazionali vedendosi piombare addosso, tutto ad un tratto, un missile che distrugge un intero quartiere.
Duemila anni fa un tale chiamato Giovanni disse di non essere lui la luce e ciò perchè le folle cercavano la visibilità di un uomo che potesse capitanare la rivolta secondo criteri di forza e di consensi, così come accade per le “star” dei nostri giorni che diventano modello di pensiero e di costumi.
Nel mentre che Giovanni operava comparve la vera luce: Gesù! Un uomo mischiato con tanti altri, uomo comune che attraversò incredibili peripezie fin dalla nascita ma che rimase in cammino con gesti e parole, rivolto verso l’unica meta per cui vale la pena spendersi.
La sua vita ebbe a custodire la relazione con il Padre e non accettò che venisse strappata a motivo delle offese di turno, non cambiò direzione a seconda dei venti più o meno propizi. Gesù continuò a mostrare che la comunione con il Padre è l’unico principio di vita e cioè il vivere della sua visione d’amore, il donarsi per dare vita all’altro.
Comprendiamo la profondità del Vangelo di questa giornata (Gv 1). La Parola si è fatta carne, è il progetto-desiderio di Dio a raccontarsi nella fattezza umana di Gesù. La fragilità della carne ora custodisce il Figlio e ciò non per un intimismo chiuso ma per il dono totale di sé. La creazione da quel momento divenne una nuova creazione perchè l’umanità fu resa capace di accogliere il Dono più grande: la vita di Dio.
L’essere umano scoprì che per trovare la Luce era necessario fare spazio per accoglierla dentro e, dunque, cessare di cercala fuori. Da allora in tanti impararono a vedere le cose del mondo attraverso gli occhi del cuore, al cospetto della Luce interiore che ormai li abitava.
Fu l’esperienza di Maria e Giuseppe, gente umile, così come i pastori in quella notte e, poco dopo, i magi, i proveri, gli storpi e i ciechi, i lebbrosi così come tutti i peccatori esclusi dalla società. Riconobbero il segno perchè si fidarono, abbandonando la via volta alla propria autoaffermazione. Diversamente, altri come Erode, scribi e farisei, riconobbero in quell’umile creatura una minaccia, un nemico da dovere eliminare.
Ha ragione Giovanni nel ribadire che non è lui la luce perchè l’inganno è facile e ogni testimone ha bisogno di imparare a fare silenzio e a spogliarsi di sé, a lasciare che la Parola possa sempre più risuonare attraverso la propria vita.
Come uno strumento musicale più si fa spazio e maggiore sarà la risonanza che produrrà suono. C’è chi ha deciso di perdere tutto per disporsi in ascolto di Dio ed è lì, nella povertà, che può risuonare la voce del Maestro.
La Luce attende di essere accolta ma per fare ciò è necessario cambiare strada così come è stato per i magi. Quel che siamo oggi è frutto di tanti Testimoni che nel passato hanno avuto il coraggio di percorrere strade inedite rendendole feconde, anche, con il proprio sangue, cioè col dono della propria vita.