E se invece dovessimo spostarci su un altro piano? Se il calcolo precipuo per contrastare i processi di potere e le spinte di esclusione, dei pochi che vorrebbero reggere le sorti dell’umanità, fosse una via speculare ed inefficace?
Ho imparato nel tempo che le grandi battaglie vanno condotte da un’altra parte, rinnovando lo sguardo e cioè uscendo dalla logica del calcolo per entrare in una prospettiva paradossale in cui l’offerta dà reale valore alle cose mentre l’accumulo ne sciupa l’esistenza.
La festa liturgica di questa domenica rivela il valore del dono mostrando come l’offerta di Gesù renda, fin d’ora, ogni credente capace di un passaggio inedito: l’ingresso nell’eternità!
Comprendo come per molti sia difficile coniugare vita quotidiana e Cielo proprio perchè interiormente si vive una profonda scissione tra fede e realtà riducendo a mero intimismo la propria spiritualità. Eppure la festa del Corpus Domini annuncia di come ciascuno partecipi del dono che Gesù fa di sé. Nella pagina del Vangelo (Lc 9, 11-17) troviamo le folle che seguono Gesù, è l’umanità di ogni tempo che, malgrado i tanti surrogati volti a spegnere il desiderio di Dio, continua a custodire la fame autentica, quella che non può essere estinta da alcun possesso o successo ottenuto.
I discepoli sono ancora avvolti nella mentalità del calcolo, non c’è spazio per la condivisione. Apparentemente sembra che si preoccupino dei tanti che stanno ad ascoltare Gesù e, quindi, suggeriscono di lascarli andare in modo da poter trovare cibo per rifocillarsi. È un’espressione tipica che esprime il fare uscire gli animali per andare al pascolo ma il loro Maestro, appena nato, è stato deposto in una mangiatoria come a prefigurare che Lui sarebbe stato quel cibo di cui l’umanità aveva realmente bisogno.
Il pane di cui dispongono, dunque, non ha più il valore di garantire loro la vita ma il potere di sfamare a condizione, però, di essere spezzato e offerto.
Non si tratta di una moltiplicazione ma della condivisione di quel che si è attraverso l’offerta al Padre. Questo passaggio rende chiaro che il cristiano non parte dalle opere, ciò farebbe della fede un’autocelebrazione, ma dalla relazione col Padre perchè è Lui a potere agire di conseguenza attraverso i suoi che gli si sono affidati.
Nell’offerta sta il quotidiano dell’uomo, è il frutto della fatica del lavoro in cui ciascuno si adopera non per sfamarsi da solo per per imparare a donare. Viene meno la brama di possesso propria della scena della Genesi in cui il cibo divenne luogo per garantirsi la vita facendo a meno di Dio e di conseguenza del fratello. Secondo quella logica l’altro è considerato funzionale ai propri bisogni e scartato quando non è più utile!
L’offerta al Padre, nella celebrazione eucaristica, entra nell’eternità e acquista un valore relazionale che la rende Corpo di Cristo. È questo il Dono che il Padre restituisce all’umanità affichè ciascuno si possa nutrire.
I gesti di Gesù che il Vangelo ci descrive quali il prendere, il volgersi al Cielo, il benedire e lo spezzare sono compiuti in modo definitivo così come esprime la forma verbale all’aoristo. Solo il “dare” rivolto ai discepoli ha una forma che dura nel tempo. È interessante notarlo perchè è il mandato assunto dalla Chiesa chiamata a “darsi”, ossia ad essere lievito e sale per questo mondo (tutti ingredienti che si disperdono non apparendo pur mantenendo una funzione essenziale).
È il compito della Comunità cristiana chiamata ad essere Corpo di Cristo in questo mondo e pertanto testimone della vita comunionale in cui si condivide la fatica e il bene altrui.
Oggi nella Comunità di Danisinni alcuni piccoli per la prima volta si accosteranno all’Eucarestia, vivranno l’esperienza del nutrirsi del frammento di Pane di vita. Anche a loro sarà chiesto di entrare nella mentalità contemplativa propria di chi vede oltre le apparenze e non si ferma all’evidenzia fenomenica. È lo sguardo di chi riconsce che la realtà è simbolo, ossia racchiude un’esperienza molto più grande di quel che appare.
Quando riceviamo un dono da una persona cara quell’oggetto ha un valore relazionale moto più grande del valore economico in sé proprio perchè ci ricorda il donatore. L’Eucarestia, che non è un semplice pane, ci fa entrare nell’esperienza di intima comunione tra il Padre ed il Figlio, nell’offerta che il Figlio ha compiuto sapendo che per riportare l’umanità al Padre era necessario tirarla fuori finanche dalla morte. Da allora a ciascuno è dato di vivere consumandosi e di compiere gesti che hanno un valore eterno.
“Date voi stessi da mangiare” è l’indicazione che attraversa i secoli e continua ad interpellare i nostri giorni.