Oggi con i giovani di Danisinni abbiamo commemorato il ventisettesimo anniversario in cui il giudice Paolo Borsellino e cinque agenti di scorta persero la vita per vile mano mafiosa. Eravamo insieme ad altri ragazzi della nostra Città in questura per riflettere e restiuire senso alle cose di oggi facendo tesoro della memoria di chi ci ha preceduto.
Sono giorni, questi, in cui un diciannovenne sedicente cantante neomelodico in un programma televisivo nazionale parla di “conseguenze” additando il Male come una sorta di necessaria conseguenza del Bene, giorni in cui l’opinionismo è elevato a cultura e l’ignoranza vorrebbe fare scuola.
Non sa questo giovane e non è il solo, che la nostra terra è oggi più feconda grazie al sangue di martiri come Falcone e Borsellino insieme agli agenti di scorta, don Pino Puglisi o, ancor prima, Piersanti Mattarella, Carlo Alberto dalla Chiesa e una innumerevole schiera di testimoni e uomini illustri come il maestro originario di Porto Empedocle, Andrea Camilleri, che ci ha lasciati ieri.
Di lui trascrivo un pensiero che in sintesi esprime plasticamente la crisi della cultura contemporanea che vorrebbe spegnere visione e creatività e, dunque, capacità di cambiamento.
“Questo continuo spostamento di confini tra legalità e illegalità produce un disagio altissimo, che non è solo morale. Diventa un fatto di costume sociale. E’ quel che io chiamo morale del motorino, che imperversa in Italia.
Con il motorino si può evitare la fila, destreggiarsi tra le auto e poi passate con il rosso. Tanto con il motorino si ha la facilità di manovra, si può andare contromano, si fa lo slalom. Insomma, si fa quel che si vuole, fregandosene delle regole. Che anzi, diventano un elemento di fastidio, di disturbo”.
Chi fa della sua vita una vocazione e, pertanto, non vive per se stesso, reca all’umanità un dono che con certezza contribuisce alla crescita e all’arricchimento non solo dei suoi contemporanei ma pure delle nuove generazioni. Palermo che ancora oggi vive innumerevoli travagli abbisogna di un’evoluzione comunitaria, capace di visione d’insieme e di creatività ossia di esperienza inedita. Gli interventi spot così come i percorsi isolati risultano inefficaci a fronte di un sistema che appare malato e non solo per le logiche mafiose ma pure per un eccesso di individualismo che cerca di garantire i “pochi” che si muovono secondo “la morale del motorino” a discapito del resto della popolazione.
Il mutamento è possibile tenendo presenti i molteplici tasselli sociali che vanno sinergicamente promossi a cominciare dalla scuola, dalla famiglia, dall’ambiente vitale e dagli spazi di condivisione culturale e valoriale.
Non è possibile limitarsi a potenziare l’intervento nelle scuole quando quando a pochi metri vengono ancora aperti centri scommesse o quando lo spaccio del crack nei corridoi dilaga a dismisura; è impensabile trovare ancora agenzie educative autoreferenziali che pensano di potere fare a meno degli altri; o, ancora, è illusorio intervenire con la repressione per arginare il fenomeno criminale quando contestualmente non si promuove l’opera di accompagnamento delle nuove generazioni verso la cura di un sogno, di un progetto di vita che esprima la bellezza di un paesaggio interiore.
Ecco, la nostra Città sta muovendosi curando il paesaggio esteriore attraverso la promozione dell’inesauribile patrimonio ivi racchiuso e la creazione del nuovo ma, al contempo, l’interesse verso il paesaggio interiore deve mantenersi alto altrimenti rischieremmo di arrivare in ritardo sui processi di crescita che non vanno rincorsi con un piano emergenziale ma vanno accompagnati e custoditi. La capacità generativa di una Città, a mio avviso, si misura dalla capacità di espressione autentica delle fasce più marginalizzate. Oggi, in questura, uno dei nostri giovani ha improvvisato un duetto con un cantante di fama internazionale ricordando con commozione i testimoni che il 19 luglio 1992 persero la vita. Lo colgo come un segno della fecondità di cui è stata capace la loro esistenza.