di fra Mauro – Un nuovo murales arricchisce l’ingresso della fattoria di Danisinni. Paulo Cesar Oliveira, ha appena consegnato allo storico Rione un’opera che racconta della bellezza di un ambiente abitato dai piccoli che si prendono cura degli animali. Una scena ordinaria per Danisinni, luogo in cui la Comunità racconta, in mezzo agli stenti di ogni giorno, la possibilità di stare nelle questioni della vita con uno sguardo che porta oltre.
Chi parte dall’immagine senza fare un percorso interiore rimane consegnato alla esteriorizzazione. Crediamo, piuttosto, che è necessario partire dall’ascolto per arrivare, poi, alla visione, quella vera. Ad esempio è necessario partire dall’ascolto del luogo, dell’ambiente e delle persone che lo abitano, prima di passare ad una progettazione urbanistica o produttiva in loco, altrimenti ciascuno porterebbe la propria idea colonizzando luoghi e persone. Lo stesso dicasi per le relazioni umane, quante relazioni amorose vengono meno perchè ci si è fermati alla esteriorizzazione senza mai avere conosciuto, realmente, la persona che si aveva di fronte. Spesso questo itinerario passa per momenti bui, per la fatica quotidiana e l’attesa, ma proprio questi sono elementi necessari per scoprire l’amore e riconoscerlo ad di là delle apparenze.
Nel tempo della cultura legata all’immagine, il Vangelo (Mc 10, 46 -52) di questa domenica ci provoca mostrandoci il primato da dare all’ascolto. Troviamo, infatti, un cieco che supera tutti nella comprensione di quel che sta accadendo nella storia attorno a lui. Sebbene si trovi nel buio più totale perchè cieco e sta a mendicare per terra in attesa di qualcuno che gli faccia l’elemosina per potere sopravvivere, il suo udito non è assorbito dalla necessità di soddisfare i propri bisogni primari, lui rimane un uomo in ascolto e medita il senso della storia e la memoria di un popolo che aveva tramandato il racconto dell’amicizia di Dio, la promessa che Lui mai aveva abbandonato il suo popolo.
La profezia di Geremia (31, 7-9) già introduce la promessa di Dio Padre che farà tornare il popolo dall’esilio rendendolo fecondo. I primi a mettersi in cammino saranno proprio ciechi e storpi, un resto d’Israele che avrà continuato a sperare senza entrare nel compromesso, quello che fa rinunciare alla propria dignità vendendosi al migliore offerente. Israele, infatti, era caduto nell’idolatria cercando altri protettori di turno che potessero garantire con il loro potere la sopravvicenza.
È la storia dei nostri giorni quando tanti si costruiscono un “posto sicuro” rinunciando a valori come l’accoglienza o la solidarietà tra i popoli o, ancora, accettano favori e garanzie da poteri criminali come le mafie per salvaguardate attività o avere porte aperte per ascendere nelle differenti categorie sociali. Dio, piuttosto, promette al suo popolo che l’ingiustizia verrà meno e che è necessario mettersi in cammino accettando i cambiamenti fino a lasciare gli appoggi di un tempo fidandosi, ora, dell’unico Signore della storia.
Nel mentre che molti camminano con Gesù, ma senza riconoscerlo perchè mantengono la loro visione e aspettativa di un Re messianico che attraverso il potere avrebbe dovuto manifestare la gloria di Dio, troviamo Bartimeo che nella sua cecità e mendicanza ascolta il passaggio di Gesù e lo riconosce come “Figlio di Davide”. Lo vede secondo la prospettiva di Dio, Lui che viene a visitare il suo popolo per accompagnarlo su una via nuova. Proprio il re Davide si era imbattuto contro Golia spoglio di armi ma confidando nella custodia del Signore. Il titolo comprende Gesù nella scia dei profeti secondo cui il Messia avrebbe aperto una via nuova accompagnato da storpi e ciechi, e cioè da quanti che fino a poco prima erano invalidati nel loro cammino.
Comprendiamo, allora, come al riconoscimento segue la richiesta “abbi pietà di me” che esprime il desiderio di entrare in relazione ripartendo da Dio, sul Suo chinarsi sull’uomo per ergerlo e illuminarlo. Fino a quando il cristiano cercherà la luce fuori di sé ma senza disponibilità a lasciarsi trasformare interiormente non entrerà nel processo di fede che richiede una spoliazione interiore per accogliere la presenza di Dio che opera e sana. Rimanere legati a molteplici appigli per garantirsi la vita è di impedimento al cammino, così è di tanti che pur dicendosi cristiani ogni tanto fanno una sortita da un mago per avere qualche previsione propiziatoria!
Bartimeo all’invito di Gesù velocemente si alza per raggiungerlo, lasciando finanche il mantello. Pensare che proprio il mantello gli garantiva lo status di mendicante: il giaciglio su cui dimorare di giorno mendicando e su cui lasciare deporre l’elemosina e il riparo notturno per avere salva la vita. Senza esitazione il cieco lascia tutto e si affida all’interlocutore che ha innanzi. È il destarsi della Pasqua, il riaprirsi alla vita avendo accolto una Luce nuova che viene dall’alto. Gesù specificherà che la sua fede lo ha salvato, il suo affidamento a Dio è diventato canale della grazia. L’agire di Dio parte sempre da una relazione e mai da una imposizione. Bartimeo ora è diventato discepolo, si è messo in cammino ma a differenza di tanti altri, lui vede!